Intervista a Marco Roma, direttore generale di Mapei Canada
Arrivato a Laval verso la fine del 2016 per dirigere la Mapei inc., filiale canadese dell’azienda italiana Mapei attiva dal 1937 nel campo della produzione di materiali chimici per l’edilizia, Marco Roma non avrebbe mai pensato di ritrovarsi davanti ad una sfida imponderabile come quella imposta dall’emergenza coronavirus.
Una sfida sull’asse Canada-Italia, come è naturale per questa azienda che ha il cuore nel Bel Paese ed estende i suoi raggi in tutto il mondo, raccolta con sangue freddo, tenendo sempre presente che la salute dei propri impiegati viene prima di ogni altra considerazione.
«Fin dall’inizio del diffondersi della pandemia, noi, come Mapei Canada – spiega Marco Roma – non abbiamo mai dovuto interrompere la produzione perché la nostra azienda era stata inserita nella lista delle industrie e delle attività considerate essenziali. Questo ci ha dato un doppio vantaggio: da una parte, quello di poter mantenere il business attivo; dall’altra di installare quelle misure di prevenzione del contagio che gli altri business che dovevano chiudere, non hanno potuto installare. Abbiamo immediatamente preso in carico tutte le direttive raccomandate dalle autorità governative e sanitarie locali e dalla nostra casa madre in Italia che, essendo stata tra gli epicentri della pandemia prima del Nord America, le aveva già sperimentate sulla propria pelle. Abbiamo preso tutte le misure necessarie per proteggere i nostri dipendenti che sono la vera ragione del nostro successo: uso delle mascherine, installazione dei distributori di disinfettante, lavaggio frequente della mani, distanziamento e telelavoro, pratica quest’ultima che non era nelle consuetudini della Mapei. In tal modo, fortunatamente, nessun dipendente è stato contagiato».
Il lavoro di squadra
«La nostra cultura aziendale – prosegue il direttore – ci ha sempre portato a valorizzare la prossimità e la vicinanza delle persone, il lavoro d’équipe è uno dei nostri valori fondamentali. Ma poiché non bisogna mai “sprecare” una situazione di crisi che, in quanto tale, crea uno shock e porta a prendere decisioni che forse non avremmo mai avuto il coraggio di prendere prima, abbiamo colto questa occasione inattesa per rivedere certe nostre pratiche, reinventare il rapporto con i clienti e valorizzare il lavoro a distanza. Sono tutte cose che potremmo eventualmente mantenere anche per il futuro perché costituiscono delle formule più flessibili che possono attirare risorse umane nuove e più giovani.
Ad esempio, la “Mapei Academy”, il centro di formazione tecnica che serve a formare i nostri installatori, architetti, ingegneri, è diventata velocemente una “Academy online”, trovando un ottimo riscontro da parte della nostra clientela che ci ha percepiti come una società capace di innovare rapidamente nonostante la situazione. Tra il 30 e il 40% dei nostri dipendenti è andato in modalità telelavoro: risorse umane, marketing, vendite, assistenza tecnica, finanze, cosa che ha comportato anche un notevole sforzo per dotare i dipendenti degli strumenti necessari ed adeguare i sistemi informatici alla nuova realtà. Il resto della forza lavoro ha continuato ad operare nei nostri stabilimenti: gli impianti di produzione, il controllo di qualità, i laboratori di ricerca e sviluppo perché i test, ovviamente, non si possono fare in casa. Tutto ciò – aggiunge Marco Roma – ci ha permesso di proteggere la salute dei nostri dipendenti, di mantenere vivo il business ma soprattutto di non licenziare nessuno. Aver dato la possibilità ai nostri dipendenti di mantenersi con il loro stipendio, in una situazione di estrema incertezza per il futuro, è una cosa che ci ha reso sicuramente orgogliosi».
Le prospettive
La Mapei Canada ha circa 350 dipendenti e varie sedi in Ontario, Columbia Britannica e Alberta. Il quartier generale è a Laval. Quali sono le prospettive per il futuro?
«Il nostro business – spiega Marco Roma – è ripartito bene nel mese di giugno. Abbiamo avuto un primo trimestre fantastico fino a quando non è arrivato anche in Canada l’impatto della pandemia. La crescita dei primi tre mesi ci ha permesso di mettere del fieno in cascina. A maggio c’è stata una timida ripresa anche perché i cantieri hanno iniziato a riaprire. Il Paese ha voglia di ripartire, di tornare velocemente alla normalità, il settore della costruzioni e delle infrastrutture sono in primo piano nella spinta al rilancio dell’economia e siamo ovviamente più preparati di fronte alla possibilità di una seconda ondata di contagi. Rimango ottimista. Il Canada è un paese fantastico, pieno di opportunità, con molta sensibilità verso l’ambiente. Vogliamo continuare ad evolvere e ad essere dei leader nel campo dell’edilizia sostenibile. Il nostro piano strategico è di integrarci sempre più con le strategie di sviluppo del Canada stesso e di penetrare in settori di mercato dove siamo poco o per niente presenti».
Spesso i materiali chimici non rimano con protezione dell’ambiente. Qual è la vostra posizione?
«Siamo e vogliamo essere sempre più “locali” nel senso – risponde il direttore della Mapei Canada – che cerchiamo di produrre quasi tutto ciò che ci serve localmente. Questo riduce anche l’impatto sull’ambiente. Ci conformiamo sempre a tutte le leggi e gli standard in ogni singolo paese e facciamo quanto di meglio è nelle nostre possibilità per aumentare e spingere questi standard più in là. L’industria chimica può essere percepita da un certo punto di vista meno “green” di altre, ma in realtà se le produzioni vengono gestite correttamente, se la catena di approvvigionamento e quella di smaltimento vengono gestite secondo le norme e gli standard imposti dai vari governi il problema non sussiste. Cerchiamo sempre di migliorarci, di utilizzare materie prime le cui fonti siano sempre più vicine e di selezionare a livello di ricerca quei prodotti che, a parità di rendimento, siano meno impattanti sull’ambiente. Le rivoluzioni diventano difficili da fare da un giorno all’altro; è un processo di miglioramento continuo di cui siamo e vogliamo essere portatori».