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13:06pm21 Settembre 2020 | mise à jour le: 21 Settembre 2020 à 13:06pmReading time: 5 minutes

Il 21 settembre è il giorno per dire … grazie!

Il 21 settembre è il giorno per dire … grazie!

C’è un giorno per tutto, anche per la gratitudine. È il 21 settembre ed esiste dal 1965, istituito alle Hawaii e poi diventato World Gratitude Day.

Grazie è una delle parole più belle in assoluto, imparare a dirla è una conquista, un’aspirazione che può durare tutta la vita. Dire grazie ai genitori, ai familiari, ai figli, al partner, alla persona appena conosciuta.

Non è solo sinonimo di educazione, saper ringraziare è una vera e propria capacità emotiva, poiché coinvolge una serie di fattori importanti per lo sviluppo psicologico e ha effetti sullo stato di benessere generale.

La gratitudine è un atteggiamento che ha effetti positivi riscontrabili nella vita di tutti i giorni, sia nelle relazioni personali che in ambito lavorativo.

La parola “grazie” è uno dei primi vocaboli imparati da piccoli e non andrebbe dimenticata mai. Babbel ha colto l’occasione per proporre alcune differenze culturali legate alle espressioni e ai modi di intendere e mostrare gratitudine in diversi paesi.

 

Grazie in tutte le lingue del mondo

Tommaso d’Aquino identificava tre diversi livelli della gratitudine: la riconoscenza per il beneficio ricevuto, la lode verso colui che lo ha reso possibile e infine la disponibilità a ricambiare. Le lingue, con i diversi modi di ringraziare, ne accentuano uno dei tre.

Ad esempio, l’inglese thank you, il tedesco danke e l’olandese dank je derivano dall’arcaico thanc, che significa pensiero: queste lingue sottolineano il risultato dell’azione, concentrandosi quindi sul primo livello della gratitudine.

L’italiano grazie e lo spagnolo gracias derivano invece dal greco chàris, parola usata per indicare l’essere contento, lo stare bene. Esaltano chi ha compiuto il gesto, orientandosi maggiormente verso il secondo livello. Lo stesso vale per il francese merci, che etimologicamente significa pietà.

Le lingue che invece richiamano maggiormente il vincolo morale a ricambiare sono il portoghese con obrigado/a (participio del verbo obrigar, dal latino obligare) e il russo con blagodarju vas.

A causa invece della complessità del concetto di gentilezza, in Giappone esistono molti modi per ringraziare: almeno 21. Per questo motivo, non è possibile usare la stessa espressione di gratitudine in ogni contesto e con ogni persona: il giapponese distingue il ringraziamento in base al grado di conoscenza della persona a cui mostrare gratitudine: tra le espressioni più conosciute possiamo trovare ありがとうございます (arigatou gozaimasu), ovvero un cortese grazie.

 

Gli “strafalcioni” da evitare all’estero

Quando si entra in contatto con culture diverse è importante conoscerne le buone abitudini. Per ringraziare in svedese basta dire tack, ma attenzione alla pronuncia. Se sbagliate rischiate di dire tetto. Per sicurezza meglio ripeterlo due volte, come fanno i locali (tack tack!) o dire grazie mille: tusen tack! Un termine slang che si può invece usare in più paesi scandinavi è tattis: è diffuso in quasi tutto il nord Europa, ma non in Finlandia, dove è meglio dire kiitos.

In oriente invece le differenze culturali si accentuano. Ad esempio, se nel Regno Unito è normale ringraziare per ogni piccolo gesto di cortesia ricevuto, in molte culture asiatiche i continui ringraziamenti sono visti come un segno di formalità e non sono necessari per ogni gesto di cortesia, soprattutto con i conoscenti o con i colleghi più stretti, che potrebbero fraintendere pensando di non essere abbastanza in confidenza.

In cinese Mandarino, xiè xiè (谢谢) non è sempre il termine adeguato a ringraziare, soprattutto quando si riceve un complimento: in queste situazioni bisogna mostrare modestia assoluta e dire na li na li (哪裡 哪裡), che equivale a grazie, sei troppo gentile. Inoltre, se si viene lodati in gruppo, bisogna respingere il complimento dicendo bù, bù! (不不), ovvero no, no.

Sorprendentemente, la stessa logica della “finta modestia” vale anche negli stati americani del Midwest. Da Chicago a Detroit, la convenzione sociale è quella di rifiutare gli apprezzamenti.

Tornando al Giappone, quando si ringrazia qualcuno è buona norma inchinarsi davanti a lui di 30°, tenendo le braccia lungo le gambe nel caso degli uomini, davanti a sé nel caso delle donne. L’ojiji ha infatti delle regole ben precise: 15° se si tratta di un conoscente o un collega, 30° per le persone anziane, per i propri superiori e gli sconosciuti, 45° per chiedere scusa o in contesti molto formali. Attenzione però a non esagerare con i complimenti: se si viene invitati a cena e si esprimono apprezzamenti sugli oggetti della casa, è possibile riceverne uno in regalo come ringraziamento per la visita: in tal caso bisogna accettare e praticare la forma più formale dell’ojiji.

 

Consigli per imparare ad essere riconoscenti

La gratitudine è una predisposizione mentale che influenza il modo in cui consideriamo gli avvenimenti positivi nella vita di tutti i giorni, facendoci aprire con gli altri in modo consapevole e naturale. È un atteggiamento positivo che migliora l’umore e favorisce il benessere fisico poiché fa circolare neurotrasmettitori in grado di agire direttamente sul sistema immunitario, abbassare la pressione sanguigna e migliorare il sonno. Di cosa possiamo essere grati? Di un sorriso incrociato, di una canzone ascoltata alla radio, di una telefonata gradita, di un invito inaspettato, di un parcheggio trovato con facilità. Le cose semplici, non frequenti, non date per scontate, sono i mattoncini di un benessere più duraturo” – ha commentato Ilaria Merici, psicologa psicoterapeuta a Milano.

 

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