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16:33pm17 Novembre 2020 | mise à jour le: 17 Novembre 2020 à 16:33pmReading time: 4 minutes

Trump-Biden: verso una transizione difficile e spinosa

Elezioni Usa: intervista ad Anne-Marie Gingras, professoressa di Scienze Politiche all’UQAM

Le elezioni americane del 3 novembre scorso hanno catalizzato l’attenzione del mondo politico, dell’opinione pubblica e dei media di tutto il pianeta.

Il loro esito, che ha visto prevalere il candidato democratico Joe Biden con un discreto margine di vantaggio su Trump (anche se tale margine è ancora in fase di accertamento) ha lasciato una lunga scia di contestazioni e polemiche che si trascineranno ancora per settimane. Trump non ha ancora concesso, né ufficialmente, tantomeno informalmente, la vittoria al suo rivale. Non si è ancora dichiarato sconfitto e minaccia di portare il risultato davanti ai tribunali convinto che i democratici abbiano truccato le elezioni. Ma con quali prospettive?

Lo abbiamo chiesto ad Anne-Marie Gingras, professoressa di Scienze Politiche all’Université du Québec a Montréal (UQAM).

Anne-Marie Gingras, docente di Scienze Politiche all’UQAM

«La settimana scorsa – afferma la prof.ssa Gingras – il New York Times ha contattato i responsabili elettorali dei 50 Stati americani per porre una domanda del genere. Le risposte sono state tutte negative. Potrebbero esserci stati, qua e là, dei piccoli errori di conteggio, come può succedere ovunque, ma niente di “maggiore”. Quindi, sembrerebbe che le pretese della squadra di avvocati di Trump di contestare l’esito elettorale siano piuttosto infondate. “Spostare” le elezioni dal piano politico a quello legale può rappresentare un tentativo di delegittimarle, di screditare l’avversario. Il sistema americano di votazione e di elezione del presidente è molto complesso. Passa attraverso le maglie dei 50 stati che compongono il mosaico americano, esistono delle differenze e di questo bisogna tenerne conto. In principio tutti i candidati e tutti i partiti hanno il diritto di fare ricorsi giudiziari ma se non sono fondati non andranno molto lontano».

 

Tensione sociale

«Tuttavia – continua la docente di Scienze politiche – ritengo che la mossa di Trump di contestare il risultato e di intraprendere le vie legali possa togliere una certa tensione dalle strade. In questo momento la lotta politica negli Stati Uniti è polarizzata, la nazione è spaccata in due. Se da una parte le denunce giudiziarie sbandierate dal clan Trump saranno smontate una ad una per mancanza di fondamento dall’altra faranno in modo che anche i repubblicani più arrabbiati, quelli pronti a battersi alla prima parola pronunciata da Trump, finiranno per accettare il risultato. La collera si stempererà con il tempo invece di esplodere con voiolenza nelle strade e nelle piazze americane.

Probabilmente Trump non accetterà mai la sconfitta ma sarà obbligato, volente o nolente, a farlo almeno dal 14 dicembre poiché è quella la data in cui i “grandi elettori” dovranno confermare il loro voto e dichiarare, quindi, secondo la costituzione americana, ufficialmente eletto Joe Biden. L’organismo incaricato della transizione dovrà mettere a disposizione del neo eletto tutti gli strumenti necessari per governare. Ci sono ben 4000 posti di funzionari statali da colmare e non è una cosa semplice».

 

Cosa cambierà per il Canada con l’elezione di Joe Biden?

«Penso che cambieranno diverse cose. Prima di tutto i rapporti saranno più “civili”. Biden e Trudeau si conoscono bene, esiste tra le famiglie un’amicizia di lunga data che certamente favorirà il dialogo e renderà le cose più facili. Biden ha la reputazione di essere una persona calma, che non lavora con uno spirito di vendetta, contrariamente a Trump. Dunque se esistono dei conflitti commerciali tra i due paesi, ed esistono, si tenterà di risolverli con il dialogo e non con le “cattive sorprese” alle quali Trump ci ha abituato.

Ci sono almeno due dossier proritari sui quali i due paesi di intendono: la lotta alla pandemia, e su questo Biden è stato subito chiaro dicendo che sarà “la priorità delle priorità”, e la lotta ai cambiamenti climatici. Biden ha annuncito la volontà della sua amministrazione di riaderire all’accordo di Parigi sul clima dal quale Trump si era tirato fuori.

Ci sono poi sul tavolo altre questioni come quella della cosiddetta “Pipeline Excel- Keyston” (un oleodotto lungo quasi 2000 km che trasporterebbe il petrolio dall’Alberta al Nebraska), nei confronti della quale Biden non si è dimostrato troppo “caldo”. Ma dipenderà anche dal “colore” del Senato americano se sarà, cioè, a maggoranza democratica o repubblicana; in quest’ultimo caso Biden non avrà la vita facile e non potrà decidere a suo piacimento».

 

 

 

 

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