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15:22pm9 Maggio 2017 | mise à jour le: 9 Maggio 2017 à 15:22pmReading time: 3 minutes

Mattarella agli italiani d’Argentina: “Gli emigrati sono una risorsa”

In cento anni (dal 1876 al 1975) sono emigrati circa 26 milioni di italiani

Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella durante il suo saluto alla collettività italiana al Teatro Coliseo a Buenos Aires, 8 maggio 2017.

ANSA

(NoveColonne ATG) Roma – Pionieri dell’emigrazione. Da cui imparare, adesso, a gestire i flussi in entrata che ci riguardano attualmente, e a creare accoglienza e integrazione. Il presidente della Repubblica Sergio Mattarella descrive così gli emigrati italiani d’Argentina, che incontra al Teatro Coliseo di Buenos Aires, al culmine della sua istituzionale nel Paese che storicamente ha accolto più italiani in assoluto. “L’Argentina è un Paese al quale l’Italia è legata in maniera indissolubile- dice il capo dello Stato – È il Paese che ha sollecitato, accolto e favorito l’arrivo di milioni di connazionali che, con coraggio, affrontarono le incognite e le angosce di lunghi viaggi nella speranza di trovare una vita migliore lontani dalla Madrepatria. Loro, i “pionieri dell’emigrazione”, non sono più con noi, ma questo Paese accoglie i loro figli, i loro nipoti e i loro pronipoti. Con impegno e saggezza hanno saputo contribuire al divenire di un Paese al quale hanno offerto la loro piena lealtà”.

E ancora: “E’ davvero difficile poter separare in questa terra le identità. Davvero, anche per coloro che non sono diretti discendenti di famiglie italiane è possibile parlare, qui, di “italici”.  Ricordando che l’Argentina ha perfino istituito per legge un “dia del migrante italiano” stabilito nel 3 giugno, “il giorno seguente la Festa della Repubblica, come a simboleggiare una continuità ideale fra Argentina e Italia, nel giorno anniversario della nascita di Manuel Belgrano, padre della Patria argentina e figlio di un italiano di Liguria”, Mattarella passa subito dalla storia all’attualità, per dire che “viviamo tempi nei quali le questioni migratorie assumono nuovamente enorme rilevanza.

I mezzi di comunicazione portano alla nostra attenzione immani tragedie, in cui i temi della solidarietà e della dignità della persona, si scontrano – prima ancora che con preoccupazioni legate alla sicurezza – con intolleranza, discriminazioni e diffusa incapacità di riuscire a comprendere ciò che è in atto, ciò che sta accadendo nel mondo. In questa situazione, in questa occasione, non possiamo che volgere lo sguardo all’esperienza che la terra argentina ha vissuto e alle vicende che hanno attraversato il nostro Paese, fin da prima dello stesso raggiungimento dell’Unità d’Italia”.

In cento anni (dal 1876 al 1975), emigrarono circa 26 milioni di italiani – ricorda il presidente- Una nazione fuori dalla nazione. “Ecco perché non c’è una sola storia d’Italia ma, accanto a quella del territorio nazionale, si è sviluppata una storia degli italiani: tante storie degli italiani, quante erano le comunità italiane trapiantate all’estero.

La storia dell’emigrazione italiana è, prima ancora dell’Unità d’Italia, la storia unitaria del nostro popolo”. E allora “non va smarrito il ricordo di storie di sofferenza e di privazioni cui tanti emigranti di allora vollero rispondere con coraggio, affrontando esperienze sconosciute e riuscendo a porre le basi di una nuova e solida condizione di vita”. Tutt’oggi l’Argentina “è tra le prime cinque destinazioni dei giovani italiani che decidono di intraprendere percorsi di lavoro e studio fuori dal loro Paese natale – ricorda Mattarella – Essi guardano alla vostra società con naturale interesse, per ragioni di affinità storica, culturale e linguistica. Si tratta di un ponte permanente: valorizzare la presenza di questi giovani è una delle missioni prioritarie che le nostre Istituzioni in Argentina si sono prefissate”. E allora questo legame va alimentato: “Formazione, scambi di studenti e di esperienze, collaborazione tra imprese, attività culturali, studio della lingua: sono infiniti i campi di azione per chi voglia coltivare le proprie origini reinterpretandole in una chiave di modernità che è oggi imprescindibile”.

 

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