Dal Mondo
15:30pm10 Luglio 2012 | mise à jour le: 10 Luglio 2012 à 15:30pmReading time: 3 minutes

Da tomba dei minatori a patrimonio dell’umanità

Ansa/BRUXELLES – Non più solo luogo della memoria per onorare i 262 minatori che vi persero la vita, 136 dei quali italiani, ma da ora in poi patrimonio mondiale dell’umanità: questo il destino toccato all’ex miniera di carbone di Bois du Cazier, nei pressi della cittadina belga di Marcinelle, che il 3 luglio scorso ha ricevuto il prestigioso riconoscimento dell’Unesco insieme ad altri tre siti minerari situati in Vallonia, la regione francofona del Belgio. La tragedia di Marcinelle, avvenuta l’8 agosto del 1956, è diventata nel tempo un simbolo importante non solo della storia dell’emigrazione italiana – è stata la sciagura più grave dopo quella avvenuta in un’altra miniera, quella di Monongah, in West Virginia (Usa) – ma anche del processo di integrazione europea. Nel secondo dopoguerra furono 140.000 gli italiani che, insieme a migliaia di donne e bambini, partirono per il Belgio. Un flusso di cui fecero parte anche i genitori dell’attuale primo ministro belga, Elio Di Rupo, partiti nel ’47 da Valentino, in Abruzzo, allo volta dei pozzi minerari valloni. Molti diventarono “gueules noires”, facce annerite dal carbone che andarono a scavare nelle viscere della terra anche in seguito a un accordo tra i governi di Roma e Bruxelles: mille minatori italiani a settimana in cambio di 200 chili di carbone al giorno per emigrato. Fino a quel lontano giorno d’agosto, quando un’esplosione causata da un errore umano intrappolò nei cunicoli della miniera, a oltre mille metri di profondità, centinaia di lavoratori. Solo dopo 15 giorni i soccorritori riuscirono a raggiungere l’ultimo gruppo di minatori. Non poterono che constatare che erano tutti morti. Spaventoso il bilancio della sciagura: 262 vittime di 12 nazionalità tra cui ben 136 italiani provenienti da 13 regioni. Ma soprattutto dall’Abruzzo (40 da Manoppello, in provincia di Pescara) e dal Molise.

Nel 1967 Boiz du Cazier venne chiusa definitivamente. L’estrazione del carbone non era più remunerativa.

«All’ inizio  degli anni ’90 le strutture della miniera erano in stato di totale abbandono», ricorda Maria Laura Franciosi, giornalista autrice del libro “Per un sacco di carbone” in cui ha raccontato la storia degli italiani scesi nelle miniere del Belgio. «Gli ex minatori italiani sfuggiti alla tragedia del ’56 mi chiesero aiuto per salvaguardare la memoria dei loro compagni: le autorità locali stavano valutando l’ipotesi di realizzare, al posto del sito minerario, un supermercato». Oggi l’area dell’ex miniera è stata completamente recuperata e al suo interno sono stati realizzati un museo di archeologia industriale e dell’attività mineraria nonché un memoriale – inaugurato nel 2006, in occasione del 50mo anniversario della tragedia – dove la storia di quanto avvenuto è raccontata attraverso le foto dell’epoca e quelle delle vittime. All’ingresso è stato posto un blocco di marmo di Carrara su cui sono stati incisi i nomi dei morti.

Ogni anno, in occasione della ricorrenza dell’8 agosto, le massime cariche dello Stato italiano – come ha fatto anche Giorgio Napolitano – ricordano nei loro messaggi il sacrificio degli italiani morti a Marcinelle. Nell’ottobre del 2002, il presidente della Repubblica Carlo Azeglio Ciampi, accompagnato dal re del Belgio Alberto II e dalla regina Paola, si è recato sul luogo della tragedia per incontrare i parenti dei minatori deceduti. Lo stesso Ciampi, nel 2005, ha conferito la medaglia d’oro al merito civile alla memoria di ciascuna delle 136 vittime.

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