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15:23pm29 Settembre 2020 | mise à jour le: 29 Settembre 2020 à 15:23pmReading time: 10 minutes

Referendum costituzionale 2020: risultati, analisi e commenti

I risultati del referendum costituzionale del 20 e 21 settembre scorsi, che prevede il taglio dei parlamentari dagli attuali 945 (630 deputati e 315 senatori) a 600 (400 deputati e 200 senatori) hanno detto, senza equivoci, che il Parlamento italiano ha bisogno di una “cura dimagrante”. Hanno votato “SÌ” al taglio (i dati ufficiali del Ministero dell’Interno si riferiscono all’Italia più le circoscrizioni estere) il 69,96% degli elettori pari a 17.913.089 voti mentre hanno votato “NO” il 30,04% degli elettori pari a 7.692.007 di voti. L’affluenza alle urne è stata del 51,12%. Ricordiamo che con la riforma anche la rappresentanza eletta all’estero verrà ridotta: il numero dei parlamentari passerà da 18 (12 deputati e 6 senatori) a 8 (6 deputati e 4 senatori). Il SÌ al referendum dovrebbe ora aprire la strada ad una serie di riforme costituzionali e ad una legge elettorale pensate per “compensare” il taglio dei parlamentari.

Qui di seguito vi presentiamo i commenti al risultato di due delle dirette interessate, le On.li Francesca La Marca (Pd) e Fucsia Nissoli Fitzgerald (FI), elette nella circoscrizione Nord e Centro America che, molto probabilmente, sarà “amputata” di un deputato/a.

 

On. Francesca La Marca: «Il messaggio del voto: più stabilità politica in Italia, più attenzione per le domande degli italiani all’estero

ON. Francesca La Marca, deputata circoscrizione Nord e Centro America

 Il voto che gli italiani hanno espresso nell’ultima tornata del 20-21 settembre ha due facce diverse che vanno distintamente esaminate.

La prima riguarda gli effetti che esso potrà avere sulla situazione politica italiana in un momento così delicato come quello che stiamo attraversando. Una situazione, per altro, caratterizzata da una cronica instabilità dovuta al fatto che da anni ormai dalle urne non escono maggioranze e governi omogenei, che si formano poi a livello parlamentare con accordi faticosi tra le forze politiche. Ebbene, se si incrocia il risultato del referendum con quello delle elezioni delle sei regioni nelle quali si è votato, si possono trarre due conclusioni interessanti. La spallata che l’opposizione di centrodestra voleva dare al Governo con la speranza non dichiarata di una prevalenza dei No e strappando grandi regioni come la Toscana e la Puglia è miseramente fallita, anzi si è tramutata nel suo esatto contrario, vale a dire in una spinta per la continuazione della legislatura probabilmente fino alla sua naturale conclusione nel 2023.

La seconda lezione è che la ventata populistica che negli ultimi anni aveva alimentato il consenso dei 5Stelle e della Lega è molto calata di intensità, tant’è vero che sul territorio il consenso per i 5Stelle continua a precipitare e la Lega fallisce nel proposito di diventare partito “nazionale” conquistando anche il Sud.

È vero che i problemi interni ai 5Stelle rischiano di diventare un fattore di paralisi dell’azione di governo e di erodere la risicata maggioranza di cui il governo può godere al Senato, ma è altrettanto vero che per questa forza è arrivato il momento di scegliere da che parte stare e l’apertura di una prospettiva più certa e stabile non è più rinviabile.

 

Fare le riforme

La fase che si apre, dunque, non può essere spesa per rimettere insieme i cocci, ma per fare le riforme che sono state frenate dai veti dei 5Stelle e di Italia Viva. Ha ragione il Segretario del PD, Nicola Zingaretti a richiedere che siano adottate al più presto le misure compensative del taglio dei parlamentari, per garantire le minoranze, i territori più marginali e i giovani. A queste aggiungo il superamento dei decreti Salvini che hanno fatto male sia agli immigrati che agli italiani all’estero, introducendo la prova di italiano B1 per la richiesta di cittadinanza per matrimonio e portando da 24 a 48 mesi i tempi di definizione delle pratiche.

Sono convinta che il consolidamento della maggioranza debba essere investito prima di tutto per rafforzare la lotta contro il pericolo sempre incombente del Coronavirus e per progettare una rinascita della società italiana affinché diventi più sicura dal punto di vista dei servizi, più verde, più veloce con lo sviluppo delle infrastrutture e delle reti digitali.

La netta prevalenza de Sì (70%) rispetto al pur dignitoso 30% dei No, dati all’inizio a percentuali bassissime, pone problemi di riorganizzazione e di efficienza del lavoro parlamentare, che si dovranno affrontare con razionalità e senza demagogia. L’ancora più netta prevalenza dei Sì nel voto degli italiani all’estero, che ha raggiunto quasi l’80%, la cui rappresentanza parlamentare è stata la più colpita da questa legge di riduzione, pone elementi di riflessione anche più seri per tutti noi che viviamo all’estero. Come ho dichiarato qualche settimana fa su queste stesse colonne, ero convinta delle ragioni del No per evitare che gli italiani all’estero fossero trattati diversamente dagli altri cittadini.  Rispetto profondamente il responso degli elettori, anche se resto convinta delle ragioni che mi hanno spinta ad espormi personalmente in questa difficile battaglia, il cui successo è stato sempre molto improbabile. La mia formazione mi porta a dire che le posizioni che si ritengono giuste vanno sostenute fino in fondo, con chiarezza e lealtà, poi in democrazia si riparte tutti dalla decisione che la maggioranza ha preso.

 

Le istanze degli italiani all’estero

Come interpretare, allora, questo orientamento degli italiani all’estero di accettare così largamente la riduzione della propria rappresentanza parlamentare? Certamente, soprattutto oltreoceano, c’è la tendenza a interpretare l’adesione a una proposta istituzionale fatta dal governo e dal parlamento come un atto di lealtà e di sostegno verso l’Italia. Ma non si può negare che il lungo logorio cui è stato sottoposto il voto per corrispondenza, mai riformato nonostante le insistenti invocazioni, e la disattenzione dei vari governi verso le istanze degli italiani all’estero hanno fatto il resto. C’è, dunque, anche un elemento di protesta che non va sottovalutato per le cose che non funzionano come dovrebbero, quali i servizi consolari, il sostegno ai corsi di italiano, i tempi biblici per la definizione dell’accordo sulla conversione delle patenti di guida, e altro ancora.

La rappresentanza ha un senso se si dimostra utile per risolvere i problemi reali dei connazionali, altrimenti il rischio della disaffezione diventa alto. La lezione è stata severa e chiara, dobbiamo tutti riconoscerlo con onestà, ma ad essa si risponde ripartendo subito con rinnovata energia per lavorare ai problemi reali delle persone. L’ho fatto finora, lo farò con ancora maggiore impegno nel futuro.

 

On. Fucsia Nissoli Fitzgerald: «Referendum: una chiara richiesta di ammodernamento da realizzare a piccoli passi a cominciare dalla riforma del voto all’estero»

On. Fucsia Nissoli Fitzgerald, deputata circoscrizione Nord e Centro America

Ha vinto il Sì al taglio dei parlamentari ed è iniziato l’iter di riforma. Mercoledì 23 settembre, a Palazzo Madama, si è riunita la Giunta per il Regolamento del Senato, convocata dal Presidente Elisabetta Casellati per avviare l’iter di modifica del Regolamento, a seguito del referendum costituzionale che si è svolto il 20 e 21 settembre.

Il Sì ha vinto con il 69,64% delle preferenze, mentre i voti per il No sono stati poco meno del 30%. L’affluenza alle urne è stata del 53,84%. Gli elettori hanno confermato la legge costituzionale “Modifiche agli articoli 56, 57 e 59 della Costituzione in materia di riduzione del numero dei parlamentari”, pubblicata nella Gazzetta Ufficiale n. 240 del 12 ottobre 2019.

In particolare, nella Circoscrizione Estera hanno votato per il Referendum Costituzionale 1.057.211 cittadini a fronte di 4.537.308 aventi diritto al voto, con una affluenza del 23,30%. Un dato che è molto più basso di quello che si è registrato dentro i confini nazionali ma che è comunque significativo per la Circoscrizione estero.

Gli italiani all’estero hanno votato in maggioranza per il “Sì” (78,24%), con 744.557 voti, mentre il fronte del “No” ha ricevuto 207.089 voti, pari al 21,76 %.

Inoltre, nella Ripartizione III – Nord e Centro America, si è registrato il dato più alto a favore del taglio con il fronte del “Sì” attestato a quota l’81,07% (62.644 voti), con una punta dell’85,50% in Canada, contro il 18,93% del “No” (14.632 voti).

La legge costituzionale prevede la riduzione del numero dei parlamentari, da 630 a 400 deputati e da 315 a 200 senatori elettivi. La riforma costituzionale entrerà in vigore ma prima di diventare effettiva bisognerà aspettare 60 giorni, quelli previsti per ridisegnare i collegi elettorali. Sull’attuale Parlamento, in ogni caso, non ci saranno conseguenze: il taglio del numero dei parlamentari verrà applicato a partire dalla prossima legislatura.

 

Una politica più snella

Finora, altri tentativi di riforme costituzionali erano stati bocciati dagli elettori: la riforma di Berlusconi nel 2006; la riforma di Renzi nel 2016. Gli italiani avevano mostrato di non voler mettere in discussione le decisioni dei padri costituenti. In questo caso, al di là delle implicazioni politiche è sembrato prevalere il desiderio di far arrivare ai politici un messaggio di richiesta di semplicità, di essenzialità. Si palesa un risultato che i partiti non devono giocarsi nella gara del consenso di parte perché rischierebbero di allontanarsi dallo spirito nuovo di riformismo costituzionale che vivono gli italiani.

Un dato elettorale chiaro, ed ancor più chiaro all’estero, che ci evidenzia la richiesta netta di cambiamento che i cittadini fanno alla politica, una richiesta di snellimento della burocrazia italiana e di snellimento delle procedure per fare le leggi, quindi una politica più snella nel rispondere alle esigenze della popolazione e che sia al passo con i tempi. Quindi bisogna partire da questo dato per pensare delle riforme che siano rispondenti alle indicazioni dei cittadini.

Ci si poteva aspettare un’era di grandi riforme, ma ora siamo incamminati sulla strada delle piccole riforme che devono essere di volta in volta completate. Pertanto la barca delle riforme non può fare altre che proseguire a piccole tappe, una specie di processo che ci ricorda quello della costruzione europea cosiddetta a piccoli passi, secondo il metodo funzionalista di Jean Monnet.

Allora, bisognerà procedere alla revisione dei Regolamenti parlamentari, la cui procedura di approvazione è relativamente semplice perché ciascun ramo del Parlamento vota solo la sua revisione dei regolamenti. Mentre in Commissione Affari Costituzionali della Camera sta già a buon punto per licenziare un testo legislativo che garantisce il voto ai diciottenni al Senato. Poi bisognerà prevedere il superamento della base regionale e la riduzione dei delegati regionali per l’elezione del Presidente della Repubblica.

 

Riforma del voto all’estero

Piccoli passi che la politica dovrà fare con decisione per garantire una democrazia funzionale, quella stessa che vogliamo anche all’estero il che significa accelerare i tempi per una riforma della Circoscrizione estera e del voto all’estero. Sarà necessario ridefinire le Ripartizioni affinché il minor numero di parlamentari possa essere distribuito in maniera adeguata sul territorio.

Credo che una delle prime cose che dovrà fare la istituenda Commissione bicamerale per gli italiani all’estero sarà proprio la riforma del voto all’estero. Una riforma che dovrà tener conto della diminuzione del numero dei parlamentari e trovare il modo di permetterci di lavorare in maniera efficace!

L’esame del testo legislativo che istituisce la Bicamerale per gli italiani all’estero è ora al Senato, dopo aver avuto l’approvazione della Camera dei deputati e spero che i senatori lavorino celermente, anche in conformità alle indicazioni che viene dal dato referendario, e si possa avviare il lavoro per le riforme di cui ha bisogno la Circoscrizione Estera!

In questo senso il “Sì” referendario non è un punto di approdo ma uno stimolo a riformare, passo dopo passo, e ammodernare il nostro sistema istituzionale; il che all’estero significa, in primis, avere la capacità ed il buon senso di introdurre quelle innovazioni che rendono più snelle e sicure le procedure elettorali.

 

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