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13:14pm31 Marzo 2017 | mise à jour le: 31 Marzo 2017 à 13:14pmReading time: 3 minutes

Il “Made in Italy” cresce grazie agli stranieri

25mila gli imprenditori. Il loro apporto è ormai indispensabile per garantire tenuta e crescita produttiva dell’ agroalimentare

Le imprese agricole e alimentar igestite da “stranieri”, attive nel nostro Paese, creano ricchezza, versando nelle casse dello Stato oneri fiscali e previdenziali per un totale che supera gli 11 miliardi di euro

ANSA

NoveColonneATG/Roma – Chi non vede di buon occhio lo “straniero” che arriva in Italia dovrà ricredersi di fronte a questi numeri: le loro imprese agricole e alimentari attive nel nostro Paese creano ricchezza, versando nelle casse dello Stato oneri fiscali (6 miliardi) e previdenziali (5 miliardi) per un totale che supera gli 11 miliardi di euro. Il loro apporto, in termini di specializzazione e innovazione, li rende ormai indispensabili, all’interno del tessuto imprenditoriale, per garantire la tenuta e la crescita produttiva del Made Italy agroalimentare tradizionale e di qualità in tutto il mondo.

Questi i dati emersi nel corso della giornata dell’VIII Conferenza economica promossa dalla Cia-Agricoltori Italiani, a Bologna nel corso della quale sono intervenuti, tra gli altri, il ministro dell’Ambiente Gian Luca Galletti e il viceministro dell’Interno Filippo Bubbico.

“È stato evidenziato nell’analisi della Cia – un’azienda agricola italiana su tre conta almeno un lavoratore nato altrove, in molti casi (25 mila unità) è anche l’amministratore dell’impresa. In un contesto caratterizzato da un fermo nel ricambio generazionale nei campi (sotto il 7%) e con i titolari d’azienda italiani con un’età media superiore ai 60 anni, c’è il rischio concreto di un dimezzamento degli addetti nel settore, entro i prossimi 10 anni. Un pericolo che – secondo la Cia – può essere scongiurato anche con l’ingresso di stranieri in agricoltura.

Un’evoluzione, già in atto, testimoniata dai dati sugli occupati nel settore che parlano di 320 mila stranieri impegnati di cui 128 mila extracomunitari, tra stabili e stagionali.

Tantissimi gli esempi di una integrazione che porta buoni frutti, basta pensare agli indiani Sikh abili nella cura degli allevamenti e che ora acquisiscono anche la maestria casearia. Il loro contributo  è significativo anche nella produzione di Grana e Parmigiano Reggiano.

I rumeni invece sono abili nelle tecniche di potatura di viti e ulivi, oltre che nella pastorizia; mentre i macedoni nei processi di vinificazione e nella manutenzione di piante e cantine.

Gli inglesi e gli olandesi si concentrano nell’ambito delle produzioni innovative, tra questi molti si dedicano alla gestione di agriturismi e maneggi. Iniziano a registrarsi, nel segmento del turismo rurale, anche statunitensi e svizzeri.

Il settore, pur tra molte difficoltà strutturali, fattura dai campi 57,6 miliardi di euro nel nostro Paese dando lavoro a circa 1,2 milioni di addetti. In Europa sono attive 14 milioni di aziende agricole che impegnano più di 30 milioni di lavoratori. L’agricoltura è un “asset” irrinunciabile guardando al futuro del tessuto sociale ed economico dell’Italia e dell’Unione europea.  

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