Nincheri e Mussolini, un affresco che fa ancora discutere

15:38 6 Ottobre 2020

L'interno della chiesa con l'abside affrescata da Guido Nincheri

Inviata una lettera-petizione alle autorità religiose e civili. Intervista a Giovanni Princigalli tra i promotori dell’iniziativa.

 

Più di 300 personalità del mondo della cultura, delle arti, delle scienze, del mondo sociale e dell’insegnamento, di cui la metà di origine italiana, hanno firmato una lettera-petizione nella quale si chiede alle autorità religiose e civili competenti di operare una contestualizzazione storica dell’affresco in cui è raffigurato Benito Mussolini (a cavallo) insieme a quattro gerarchi fascisti.

L’affresco, che si trova nell’abside della Chiesa Notre-Dame-de-la-Defense, nella Piccola Italia di Montréal, fu dipinto da Guido Nincheri (Prato, 1885-Providence, Usa, 1973) nel 1931 e raffigura il tema dei “Patti Lateranensi”, gli accordi sottoscritti nel 1929 tra il Regno d’Italia e la Santa Sede che regolano ancor oggi i rapporti fra l’Italia e il Vaticano. Nella parte destra dell’affresco si trovano, appunto, Benito Mussolini, a cavallo, accompagnato da Michele Bianchi, Emilio De Bono, Italo Balbo e Cesare Maria De Vecchi.

 

Il comitato promotore

La lettera (e la petizione), disponibili su https://www.change.org/p/les-dessous-de-l-histoire-mussolini-%C3%A0-montr%C3%A9al-confronting-history-mussolini-in-montreal, è stata redatta da un comitato promotore formato da Marta Boni (professoressa associata, Université de Montréal); Cassandra Marsillo (insegnante Dawson College); Giuliana Minghelli (professoressa associata, McGill University); Marco Piana (professore associato, Smith College); Giovanni Princigalli (regista e membro del Centro di ricerche CHORN) e Luca Sollai (docente, Université de Montréal),

«Ci sembra necessario – si legge nella lettera – avviare una riflessione sulla necessità di distinguere, nel rispetto della memoria della comunità italiana, la storia della Chiesa di Montréal dalla traiettoria del fascismo in Italia, a Montréal e nel mondo. L’unico documento che fornisce una contestualizzazione storica dell’affresco all’interno della chiesa – un opuscolo – non menziona il fatto che la presenza del fascismo a Montreal ha creato profonde divisioni e molte controversie all’interno della comunità italiana locale. Inoltre, il testo non menziona i nomi dei quattro gerarchi fascisti. Ci dispiace – si legge ancora nella lettera – che l’immagine di un dittatore in un luogo di culto la cui vocazione è quella di promuovere valori di fraternità, unità e pace, all’interno di una città, Montréal, che si distingue per il suo rispetto della diversità e dei principi democratici, sia presentata senza spiegazioni alle nuove generazioni».

 

Percorso commemorativo

Il comitato invita, dunque, le autorità religiose e civili a cui è stata indirizzata la petizione, vale a dire la Diocesi di Montréal (Arcivescovado), sotto cui ricade la giurisdizione della chiesa; la sindaca di Montréal; il Ministro del Patrimonio canadese, che ha conferito alla chiesa lo statuto di “Luogo storico nazionale”; il Ministro della Cultura del Québec e il sindaco dell’arrondissement Rosemont-Petite-Patrie, ad una riflessione su questi temi, e sottopone alla loro attenzione alcune idee, una sorta di percorso commemorativo, per ovviare, a tale mancanza di contestualizzazione storica.

Tra queste idee troviamo quella di porre all’interno e /o davanti alla chiesa, uno o più pannelli, contenenti dei testi esplicativi scritti da un comitato di storici ed esperti del settore, rappresentativo della diversità della nostra comunità e della nostra città; che gli stessi esperti riscrivano, nelle due lingue ufficiali e in italiano, il testo dell’opuscolo esplicativo e che venga affissa, all’esterno della chiesa o nell’adiacente Parco Dante, una targa o un monumento alle vittime del fascismo e alla memoria dei soldati canadesi e montrealesi morti sul fronte italiano.

Il particolare dell’affresco con Mussolini a cavallo e i quattro gerarchi fascisti

Siamo convinti – conclude la lettera – che l’introduzione di tali strumenti storici e contestuali renderebbero giustizia ai valori di democrazia, tolleranza e impegno civile propri alla città di Montréal e arricchirebbero la Piccola Italia di nuovi esempi d’arte e di cultura».

 

Le firme

Tra le 300 personalità quebecchesi e italiane che hanno firmato la petizione ne menzioniamo alcune:

– Louise Beaudoin, ex ministro della Cultura del Québec;

– Françoise David, ex deputata provinciale;

– Olivier Gougeon, dir. gen. Salone del libro di Montréal;

– Jean-François Leclerc, ex direttore del Museo di Storia della Ville de Montréal;

– Jacques Grenier, sacerdote delle Missions-Étrangères;

– Marco Micone, scrittore;

– Marco Calliari, musicista

– Gabriel Riel-Salvatore editore-manager di Panorama Magazine;

– Tony Calabretta, autore teatrale e attore

– Rosalba Pizzino, pres. ACLI, Associaz. Cattolica dei lavoratori italiani del Québec.

 

Giovanni Princigalli: «Una riflessione doverosa e necessaria»

Tra i promotori della lettera-petizione relativa alla proposta di contestualizzazione dell’affresco di Guido Nincheri c’è il regista e insegnante di cinema Giovanni Princigalli.

All’autore di “J’ai fait mon propre courage”, “La finacée” e “3 compagni di Montréal” abbiamo chiesto quale è stata la “scintilla” che ha fatto accendere questa riflessione di carattere storico.

Giovanni Princigalli in azione durante le riprese di uno die suoi film

«Nel luglio scorso – spiega il regista – ho scritto per il giornale “Le Devoir” un articolo, dal titolo “Mussolini a Montréal”, (https://www.ledevoir.com/opinion/idees/581820/mussolini-a-montreal) in cui spiegavo che sulla scia dei recenti fatti di attualità come l’assassinio negli Stati Uniti di George Floyd e l’abbattimento di alcune statue (tra cui quella, a Montréal, dell’ex primo ministro canadese John A. Macdonald, n.d.r.), mi sono posto, come domanda, se fosse il caso di rimettere in discussione anche l’affresco dedicato a Benito Mussolini, suggerendo due possibilità: quella di sostituirlo con un’altra figura più “positiva”, portatrice di valori universali riconosciuti, oppure di lasciarlo lì ma di  “inquadrarlo” e di metterlo in contesto grazie a pannelli o guide che possano spiegare la figura di Benito Mussolini e i crimini commessi in nome del fascismo».

 

Le reazioni

«L’articolo – continua Giovanni Princigalli – ha provocato numerose reazioni. Ho ricevuto diverse critiche e alcune risposte sui giornali tra cui una sempre sul giornale “Le Devoir” https://www.ledevoir.com/opinion/idees/582277/patrimoine-qui-oserait-redresser-la-tour-de-pise , firmata da Pier Luigi Colleoni, insegnante di storia, parrocchiano, collaboratore  e catechista della Chiesa della Difesa e l’altra, a firma di Pietro Lucca, dal titolo “Quando la storia viene travisata ad uso e consumo”, pubblicata sul Cittadino Canadese del 15 luglio 2020 (pagina 13).

Ma ho ricevuto anche diverse e-mail di incoraggiamento e di sostegno da parte di persone che conosco direttamente e indirettamente, d’origine italiana e non, provenienti da diversi ambienti culturali e sociali.

 

Il comitato

Dal “pourparler” con queste persone è nata l’idea di formare un comitato, idea suggeritami anche dal professor Bruno Ramirez, storico e attento studioso della comunità italiana di Montréal, che redigesse una riflessione e suggerisse un percorso da presentare alle autorità competenti alle quali abbiamo chiesto un incontro per discuterne.

Evidentemente – prosegue Princigalli – questo articolo ha sollevato un coperchio e fatto uscire un desidero di dibattito che covava da tempo. Vorrei sottolineare il fatto che il comitato è formato da storici ed italianisti che hanno fatto un serio lavoro di ricostruzione degli eventi portando, ognuno, il suo contributo alla stesura del testo della lettera e quindi della petizione.

Alla fine – aggiunge – è diventate anche una proposta educativa che è il nostro intento: spiegare alle generazioni future cosa e chi rappresenta quell’affresco. Credo che il percorso esplicativo sia una soluzione interessante, perché è propositivo, è più moderato, cerca una mediazione, un dialogo. Perché lasciare l’affresco così è ambiguo e secondo me non è giusto anche nei confronti della storia e del mondo cattolico stesso che si è battuto contro la dittatura fascista. L’obiettivo finale è di spiegare meglio questo periodo della storia. Qualcuno mi ha raccontato – conclude il regista – che qualche anno fa, una ragazza italo-canadese che faceva la comunione pensava che il Mussolini dell’abside fosse un angelo. Certo, non siamo abituati all’idea che in una chiesa sia raffigurato un uomo politico, ancora meno un dittatore!»

 

 

 

 

 

 

 

 

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