Dominique Anglade, capo del Partito Liberale del Québec, incontra la stampa etnica
Costruire un progetto di società, insieme: quebecchesi di nascita, franconfoni, anglofoni, autoctoni, comunità culturali; ognuno con il proprio “savoir-faire” e le proprie capacità ma sulla base di una politica che unisce, non che divide.
Sembra (quasi) uno slogan da campagna elettorale e, a pensarci bene, può anche esserlo visto che le elezioni provinciali non sono poi così lontane (3 ottobre 2022).
In realtà si è trattato del “frutto” di un incontro, più precisamente di una tavola editoriale, organizzata il 21 marzo scorso dal Partito Liberale del Québec (PLQ) espressamente per i rappresentanti della stampa etnica che, in tal modo, hanno avuto il piacere di ascoltare e di confrontarsi direttamente con la “cheffe” del Partito Dominique Anglade deputata di Saint-Henri–Sainte-Anne.
Nata a Montréal nel 1974 da genitori haitiani, il padre è stato tra i cofondatori dell’UQAM (Università del Québec a Montréal), e la madre un’attivista impegnata nel campo comunitario e in quello dei diritti delle donne, Dominique Anglade è ingegnere di formazione e ha lavorato per diversi anni in questo settore prima di intraprendere la carriera politica.
«I miei genitori – ha raccontato prima di affrontare temi più legati all’attualità quebecchese – sono emigrati a Montréal nel 1969. Mio padre ha fatto della prigione in Haiti sotto la dittatura di Duvalier. A casa nostra vi erano sempre delle discussioni politiche per cui si puo facilmente intuire da dove viene il mio interesse per la politica».
Dopo un passaggio di un anno e mezzo alla CAQ (Coalition Avenir Québec, la formazione politica guidata dal Primo Ministro François Legault), Dominique Anglade, nel 2015, è stata eletta deputata nelle file del PLQ di cui poi ha assunto la direzione per acclamazione nel maggio del 2020. «Non mi riconoscevo più nei valori della CAQ per questo – ha affermato – ho preferito cambiare. E quando si parla di valori i miei non sono certo da ricercare nella politica di divisione: gli anglofoni contro i francofoni, gli immigrati contro i non immigrati, i vaccinati contro i non vaccinati. Abbiamo bisogno di riunirci, di avere un vero progetto di società, una visione collettiva, con il contributo di tutti, poco importano le nostre origini o da dove veniamo. Questo è quello che mi interessa e che motiva le mie azioni quotidiane».
La TVQ e il progetto “ÉCO”
«Siamo di fronte – ha proseguito – a numerose sfide: il costo della vita, la pandemia che non è finita, il sistema sanitario che non funziona come dovrebbe, le difficoltà per avere un medico di famiglia, le condizioni degli anziani. Ultimamente abbiamo lanciato diverse proposte concrete proprio per aiutare la gente più in difficoltà come, ad esempio, detassare (togliere la TVQ) alcuni prodotti di prima necessità necessari alla vita di tutti i giorni tra cui la fattura dell’elettricità.
Ma al di là delle esigenze quotidiane abbiamo e proponiamo anche un grande progetto di società, da costruire insieme, il progetto “ÉCO”. Nel XXI secolo la sfida principale è la lotta ai cambiamenti climatici. “ÉCO” sta per “ecologia”, ma anche per “economia”: acqua, idrogeno, idroelettricità, 100 miliardi di investimento nei prossimi 35 anni. Investimenti pubblici e privati, in sintonia con la lotta ai cambiamenti climatici, una visione che è ecologica ma economica allo stesso tempo che permetta di creare quella ricchezza necessaria a pagare tutte le nostre “sfide” sociali, prima fra tutte quella della salute e dell’assistenza medica».
Visibilità delle comunità culturali
Nella seconda parte dell’incontro, la dirigente del PLQ ha risposto alle domande della stampa etnica. Al centro dell’interesse la leadership che potrebbe esercitare il PLQ; una maggiore presenza e visibilità del Partito nei confronti delle comunità culturali, soprattutto in vista delle principali feste di queste ultime. L’integrazione degli immigrati e l’immigrazione, con tutti i suoi risvolti, compresa la legge 21 sulla laicità che vieta di indossare dei simboli religiosi ai funzionari dello Stato, legge a cui il PLQ è contario. Ed ancora: il riconoscimento dei diplomi di studio per facilitare l’ingresso degli immigrati nel mondo del lavoro, anche alla luce della flagrante mancanza di manodopera; la gestione giudicata troppo paternalistica della pandemia da parte dell’attuale governo.
«La nostra visione politica – ha riassunto Dominique Anglade – è sempre quella di riunire, non di dividere. Non amiamo le “derive autoritarie”, non amiamo un governo che ci dice quello che dobbiamo o non dobbiamo fare, come è stato per la pandemia. Possiamo fare meglio, nel campo della salute pubblica, dell’istruzione, dell’integrazione degli immigrati aiutandoli nello sviluppare la loro imprenditorialità e le loro aspettative». Apertura, integrazione, interesse per le comunità culturali, parole che non possiamo non apprezzare, così come l’invito a discutere, a dimostrazione di un certa sensibilità verso queste tematiche, date anche le sue origini “etniche”; l’importante è che non rimangano semplici parole o eventuali promesse elettorali, per il bene della nostra società.