Internamento degli italo-canadesi durante la Seconda guerra mondiale. Intervista alla storica della comunità italiana Joyce Pillarella.
Joyce Pillarella, storica di formazione, specializzata nella storia orale, ovvero nella raccolta e nello studio delle informazioni provenienti da famiglie o individui su un determinato avvenimento di rilevante importanza utilizzando registrazioni o trascrizioni di interviste, si occupa del tema dell’internamento degli italo-canadesi durante la Seconda guerra mondiale da oltre 20 anni.
Ha svolto un ruolo decisivo nel mettere in evidenza questa pagina meno nota della nostra storia, nel farla conoscere ma soprattutto nel mettere in relazione tra di loro le famiglie che hanno vissuto il problema sulla loro pelle.
Joyce, cosa rappresentano per te le scuse ufficiali del Governo?
«È la fine di un lungo viaggio iniziato nel 1940, un viaggio – spiega – attraverso il Canada e le generazioni ed è una grande soddisfazione per le famiglie perché tanti pensavano che questo momento non sarebbe mai arrivato».
Quale è stata la chiave che ha portato a questa conclusione?
«È stata quando, un paio di anni fa, le famiglie hanno iniziato a parlare con il Governo. Abbiamo raccontato le loro storie ed il Governo ha ascoltato, è questa la differenza. Devo ringraziare in particolare il Ministro della Giustizia David Lametti perché è con lui che tre anni fa ho iniziato questo “viaggio” con il Governo. Sono andata ad Ottawa per raccontare, c’erano molti funzionari di vari ministeri che hanno ascoltato con attenzione cosa successe alle famiglie, quello è stato il momento decisivo. Questo traguardo è stato anche un formidabile lavoro di squadra ed una bella soddisfazione per le famiglie perché significa che la loro voce è stata ascoltata. È la dimostrazione che certe cose in questo Paese possono cambiare e ciò non succede in tutti i paesi. Le scuse erano in programma per lo scorso anno ma poi la pandemia ha costretto a rinviare l’apputamento che comunque è arrivato. Certo – prosegue Joyce – sarebbe stato meglio se le scuse ufficiali fossero state fatte 50 anni fa ma non è stato così. Comunque meglio ora che mai!».
Cosa rappresentano, invece, per la famiglie le scuse ufficiali?
«La giustizia di essere ascoltati; ma preferisco parlare piuttosto di “giustizia morale”. I soldi non c’entrano e non sono nemmeno in causa. Se tutto ciò fosse avvenuto 40-50 anni fa quando coloro che furono internati erano ancora in vita forse avrebbe avuto un senso parlare di un compenso economico. Ma oggi no. Ciò che ha senso, e che le famiglie vogliono recuperare, è la dignità che avevano perso. Per i figli e i nipoti è importante. Quello che volevano è che i loro genitori e nonni fossero riconosciuti come bravi cittadini. Le scuse ufficiali hanno dato validità a questa ricerca di riabilitazione. Se ci sono compensazioni in ballo queste – aggiunge Joyce – devono essere destinate all’istruzione e gestite da “Heritage Canada” perché è l’istituzione che può rappresentare meglio i nostri “pionieri”.
Le famiglie – conclude Joyce – sono molto contente che si sia arrivati a questa conclusione perché tutto è stato fatto nel rispetto e nell’ascolto, sotto il segno dell’autenticità. Credo che sia la degna conclusione di tutta questa storia».