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17:43pm27 Settembre 2017 | mise à jour le: 21 Giugno 2021 à 19:17pmReading time: 6 minutes

Lavorare con i giovani per preparare il futuro

Donna d’affari con una brillante carriera dirigenziale alle spalle. Direttrice di uno dei più importanti collegi privati di Montréal e protagonista nella comunità italiana. Strategia e visione del futuro, sono alcuni degli elementi che contraddistinguono il lavoro di Marie Anne Bacchi.

 

«Dopo i miei studi universitari in letteratura francese volevo fare l’insegnante. L’ho anche fatto per qualche tempo ma all’epoca – spiega la signora Bacchi – non c’erano molti sbocchi di carriera,  c’erano troppi insegnanti rispetto al numero di studenti, così decisi di virare verso il settore degli affari e sono andata a lavorare per Bell.

Vi sono rimasta per 33 anni ricoprendo vari incarichi anche di una certa importanza. Per metà circa della mia carriera mi sono occupata del servizio alla clientela. Gestivo dei “call center” attraverso il Quebec e l’Ontario. Viaggiavo in continuazione. Poi il settore delle telecomunicazioni ha subito dei grandi cambiamenti, i competitori si sono moltiplicati e ne abbiamo fatto le spese. Ma in affari si impara presto. Ci siamo riorganizzati cercando di trasformare i cambiamenti in opportunità.

Gestire le trasformazioni non è mai facile, soprattutto quando devi fare i conti con più di 1000 impegati che bisogna motivare. Ho toccato diversi altri settori all’interno dell’azienda: marketing, piani d’affari, sviluppo di procedure e metodologie di lavoro e, nell’ultima parte della mia carriera, cioè fino al 2009, quando ho deciso di lasciare, mi sono dedicata alla preparazione della “relève”. Penso sia un dovere farlo per dei dirigenti d’azienda. Ma credo anche che bisogna essere aperti e flessibili, aperti ai consigli dei giovani, perché non è detto che le cose si debbano fare nello stesso modo in cui sono state fatte precedentemente»

Perché ha lasciato Bell?
«Perché volevo fare altro; qualcosa in cui, piuttosto che fornire dei servizi, si potesse “ridare” alla comunità, qualcosa in un settore dove poter essere capaci di influenzare di più le nuove generazioni. All’inizio della mia carriera lavorativa avevo sfiorato il settore dell’istruzione ed evidentemente era nel mio destino di ritornare a lavorare in questo ambiente. Quasi subito dopo aver lasciato Bell mi è stato chiesto se ero interessata a dirigere il collegio Villa Maria. Così, dopo essermi chiesta se questa era per me la sfida “giusta”, e dopo numerose interviste e colloqui, ad agosto del 2009 ne sono diventata la direttrice generale».

 

Come mai questa scuola dalle antiche tradizioni ha pensato proprio a lei?
«La comunità religiosa proprietaria della scuola, la “Congrégation de Notre-Dame”, che ha fondato il collegio nel 1854, cercava un profilo ben preciso, legato ad una riflessione sul futuro della scuola. Cercavano una persona che potesse portare più una visione strategica, d’affari, piuttosto che tattica e pedagogica. Sono la prima laica a dirigere questa scuola che, fino all’agosto del 2009, data in cui sono entrata nella funzione, è sempre stata diretta da religiose».

Quali sono state finora le sue realizzazioni principali?
«Villa Maria è una scuola secondaria per studenti dai 12 ai 17 anni. Ne abbiamo oltre 1400. Fino allo scorso anno scolastico era un collegio solo femminile. Dal 2016-17 abbiamo aperto anche ai ragazzi che ora costituiscono circa il 30% delle prime due classi, secondaria 1 e 2.

Abbiamo due settori d’insegnamento, quello inglese e quello francese. Quando gli allievi escono da questa scuola sono praticamente bilingue. Il 20% circa degli studenti è d’origine italiana.

Un’altra novità è stata quella di introdurre dei nuovi programmi che fossero più rispondenti alla realtà di oggi, più adatti a preparare meglio gli allievi in vista delle loro scelte future di carriera. Parlo di programmi come “Imprenditorialità e leadership”, “Scienza della salute”, “Diritto e studi internazionali”, lo “Steam”, un programma che integra scienza, tecnologia, ingegneria, arti creative e matematica, con un approccio interdisciplinare. In un mondo, come quello di oggi, in continuo cambiamento bisogna essere flessibili e adattarsi alle nuove esigenze, solo così la generazione di domani potrà avvicinarsi meglio, e più preparata, al futuro. Ci tengo a sottolineare che tutti questi cambiamenti sono, comunque, il frutto di un bel lavoro di squadra».

Dalla scuola alla comunità italiana
In aggiunta ad una carriera importante e ricca di soddisfazioni e sfide, Marie Anna Bacchi non ha certo dimenticato la sua italianità, anzi, è sempre pronta a mettere in campo la sua esperienza al servizio della comunità italiana. «Faccio parte della Fondazione Comunitaria Italo-Canadese (FCCI) da oltre 15 anni. Sono governatrice e nel 2014 sono stata eletta primo vicepresidente. Quattro anni fa mi hanno chiesto di sviluppare il progetto “Unitas” che prevedeva di riunire sotto uno stesso “ombrello” le principali organizzazioni della nostra comunità. L’obiettivo era quello, fatta salva l’autonomia di ogni singolo organismo, di parlare con una sola voce e di programmare insieme gli “sforzi” per la raccolta dei fondi, in modo da non bussare tutti insieme alle stesse porte e in modo da poter poi ridistribuire tali fondi a scopo benefico in modo consensuale al più vasto numero possibile di organismi e associazioni italiane. È un progetto a cui abbiamo lavorato insieme ai presidenti degli altri organismi coinvolti: CNIC, CIBPA, Centro L.d.V. e Casa d’Italia. In tre anni abbiamo fatto qualcosa come più di 80 riunioni e il piano era stato preparato fin nei minimi dettagli con il contributo di tutti, tenendo ben presenti le particolarità e le identità di ogni singolo organismo. Ma davanti alla volontà di questi organismi di conservare una maggiore autonomia, il consiglio d’amministrazione della FCCI ha scelto di non andare più avanti con tale progetto».

«Il c.a. della Fondazione ha scelto di non andare più avanti con il progetto Unitas»
-M.A. Bacchi

Come ha vissuto tutto ciò? 
«Con un po’ di delusione perché penso che è un progetto importante, ben strutturato e che avrebbe portato vantaggi a tutta la comunità. Credo che siamo 5 anni in anticipo, forse è ancora troppo presto e i tempi non sono ancora maturi ma sono convinta che “Unitas” ritornerà.

Anche in questo caso penso che sia importante lavorare sulla “relève”. Abbiamo degli ottimi giovani nella nostra comunità, molto ben preparati, pronti ad impegnarsi ma non a qualsiasi prezzo!».

E a quale prezzo?   
«Al prezzo di aprirsi di più e di lavorare meno da “solo” e più in equipe. Quando i vari organismi saranno capaci di fare questo, di guardare lontano, all’obiettivo finale che è il benessere della comunità, allora i giovani si impegneranno di più e potranno assicurare un futuro alla nostra comunità».

 

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