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20:38pm3 Novembre 2017 | mise à jour le: 3 Novembre 2017 à 20:38pmReading time: 6 minutes

Sulle orme di Clint Eastwood

Il regista italo-quebecchese Stephen Campanelli  si racconta

Stephen Campanelli

Foto Quentin Parisis

di Quentin Parisis

quentin.Parisis@tc.tc

 

Il cineasta montrealese di discendenza italiana Stephen Campanelli, fedele collaboratore di Clint Eastwood per più di due decenni, ha presentato Indian Horse, il suo secondo film come regista.

Presentando Indian Horse, nel quadro del recente Festival du Nouveau Cinéma(FNC) a Montréal, dopo l’eccellente accoglienza al Toronto Film Festival, Stephen Campanelli si è detto un uomo felice. Il film è stato proiettato due volte a Montreal, e le due rappresentazioni sono al completo. “Bene… per la prima, ci sarà solo la famiglia!”, ha detto in un grande scoppio di risate.

Nato a Montréal, Stephen Campanelli ha una brillante carriera a Hollywood nella ripresa cinematografica, soprattutto con Clint Eastwood di cui è un fedele collaboratore dal 1994 e in particolare per il film The Bridge of Madison County.

Mentre la sua carriera si è costruita principalmente in California, Stephen Campanelli mantiene forti legami con la città del Québec. “Quando vieni dal Québec, lo porti con te per tutta la vita. – esclama – ho perso un po’ del mio francese ma torno ogni anno e sono molto orgoglioso di provenire dal Québec. I miei genitori, mia sorella, tutta la mia “gang” è ancora qui. Quest’anno, è la terza volta che vengo», racconta quando parla della relazione con la città.

È stato a Montréal che Stephen Campanelli ha iniziato la sua formazione cinematografica, soprattutto alla Concordia University dove ha studiato. Un professionista ormai completo, assicura anche che il Québec è una terra di grandi talenti, soprattutto per quanto riguarda i tecnici. “Tutto il mio equipaggiamento di ripresa viene dal Québec. Sono tra i migliori al mondo, sono grandi”, dice.

 

Clint Eastwood, un idolo, ma non solo

La sua collaborazione con Clint Eastwood, che dura da 23 anni, deriva dal successo professionale e personale. La possibilità di lavorare e di avere la fiducia di una leggenda del cinema è ovviamente motivo di orgoglio per Stephen Campanelli, che ne parla con grande passione, è anche un vero sogno che si è realizzato.

“Quando ero piccolo avevo dappertutto poster di Clint Eastwood, The Good, The Bad and The Ugly; Dirty Harry, questo genere di cose. Anche il mio cane è stato chiamato Clint,” dice nell’evocare l’ammirazione che porta.

L’influenza e l’esperienza acquisita da Clint Eastwood ha dimostrato di essere fondamentale nel passaggio di Stephen Campanelli verso la regia, che si materializza oggi con il suo secondo film, Indian Horse, due anni dopo il suo primo lungometraggio, il thriller Momentum.

Il modo di lavorare del regista americano, che lascia grande libertà di azione ai suoi collaboratori e alle squadre durante le riprese, ha permesso a Stephen Campanelli di imparare la funzione del regista in modo “naturale”. “Quello che un regista fa è raccontare una storia con una macchina da presa, posizionandola nel modo migliore per trasmettere la storia al pubblico, come fa l’operatore.” Il regista ha funzioni aggiuntive, tra cui la direzione degli attori, che non è il ruolo iniziale dell’operatore, ma Clint Eastwood ti permette di lavorare con gli attori, ti dà responsabilità. Il passaggio verso la realizzazione diventa, in questo modo, più naturale”, ci spiega.

 

Il suo film, tratto dal romanzo di Richard Wagamese, traccia la storia del giovane Saul, inviato ad un collegio di autoctoni alla fine del ‘50, dove ci sono numerose sevizie e traumi incessanti. Le riprese di questo soggetto, particolarmente dure e delicate, erano ovviamente una vera sfida: “Era un argomento molto difficile da affrontare, è vero. Poteva diventare molto scuro, molto triste, o al contrario, privo di emozioni se mi tiravo indietro. Volevo che le immagini e la fotografia fossero belle, ma anche che la narrazione fosse forte, che lo spettatore si commuovesse, che fosse scioccato, che fosse adirato. Era importante che le persone si domandassero: “come è potuto succedere in Canada, in un paese apprezzato in tutto il mondo?” Questo era quello che volevo rappresentare”.

 

Un italiano di Montréal

Nato da due genitori italiani – suo padre è di origine italiana ma nato a Montréal e sua madre proveniente dall’Italia –  Stephen Campanelli insiste sull’importanza delle sue origini. Se il suo nome è “immediatamente riconosciuto da tutti come italiano – si dice anche – orgoglioso di appartenere alla grande comunità italiana del Québec, una bella famiglia”.

È davvero con grande piacere che ha girato di recente in Italia con Clint Eastwood, per il prossimo film del regista americano,  The 15:17 to Paris. “Ci sono andato per la mia luna di miele, e nella mia giovinezza, ma era la prima volta che andavo lì a girare “, dice con soddisfazione. Ha ovviamente mantenuto un ricordo eccellente, ha trovato “buone squadre, che lavorano sodo”, e sarebbe “assolutamente” pronto a tornare per un altro film. Non  chiede altro che ciò avvenga.

 

 

Indian Horse, un film che racconta anche la Storia

Questo film, adattato all’opera di Richard Wagamese,  ripercorre la vita di Saul Indian Horse, inviato in un collegio di autoctoni alla fine degli anni 50, dopo la morte della madre, dove scopre una vera passione ed un grande talento per l’hockey.

Nel momento stesso in cui le sue abilità sportive stanno per aprirgli le porte per un migliore avvenire, dopo aver passato un decennio in questo collegio particolarmente rigido dove le sevizie fisiche, sessuali ed emotive sono all’ordine del giorno, i pregiudizi sulle sue vere origini e le stigmate del suo passato hanno la meglio sul suo entusiasmo e sulla sua carriera.
Estremamente toccato dalla forza del recitato, sorpassando all’inizio la sua poca conoscenza sul soggetto, Stephen Campanelli ha molto insistito per adattare questa storia al cinema. Questo contesto di iniquità, che è anche un soggetto molto importante nella politica di Justin Trudeau, ha fatto sì che Campanelli “abbia fortemente riflettuto e voluto” trattare questo argomento.
“Lui fa molte cose per cercare il perdono riguardo a ciò che di orribile è successo in passato. Justin Trudeau fa un lavoro fantastico affinché le persone conoscano veramente gli accadimenti storici”, afferma Stephen Campanelli.
È già previsto che il film venga proiettato nelle scuole l’anno prossimo, in parallelo alla lettura del romanzo di Richard Wagamese.

 

Indian Horse

Regia di Stephen Campanelli

Con: Sladen Peltier, Forrest Goodluck, Ajuawak Kapashesit, Michiel Huisman, Martin Donovan, Michael Murphy; durata 100 minuti.

 

Traduzione di Gian G.Pollifrone

 

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