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15:37pm18 Luglio 2017 | mise à jour le: 18 Luglio 2017 à 15:37pmReading time: 5 minutes

Di padre in figlie!

Benny, Susy, Cathy e la Imbritech Industries

Benny,Susy e Cathy Imbriglio nell’officina dove vengono prodotti i vari pezzi di precisione

Foto f_intravaia

Nata nel 2009, la Imbritech Industries è un’azienda di Laval specializzata nella produzione di pezzi e componenti di precisione in metallo, o altro materiale, per l’industria. Alla sua guida vi sono due giovani imprenditrici, le sorelle Susy e Cathy Imbriglio, sapientemente guidate dall’esperienza di papà Benny (Benedetto). Il Corriere Italiano vi propone questa ntervista a “tre voci”!

«Sono nato – racconta Benny – a Conca della Campania (Caserta) e sono arrivato a Montréal nel 1968, avevo 22 anni. Ero perito tecnico e ho frequentato la HEC di Montréal. Dopo aver fatto vari lavori nel 1970 ho aperto la mia prima azienda, la “Akber”, nella “Vecchia-Montréal”; producevamo, su ordinazione e, nella maggior parte dei casi, con il procedimento dello stampaggio, pezzi in alluminio e acciaio inossidabile per differenti industrie.

Nel 1973 ho aperto a St-Léonard, con un socio, la “Profab industries”, specializzandoci nella produzione di  turbine idroelettriche, di pezzi per aerei e per le cartiere. Le nostre esigenze crescevano, avevamo bisogno di più spazio e così ci siamo trasferiti a Laval (rue Tellier) nel capannone dove siamo tuttora. Con questa azienda ho operato quasi 30 anni. Nel 2001 l’ho venduta ad un’altra ditta ma sono rimasto a lavorare con loro per altri due anni. Poi, pur rimanendo in questo settore, si sono verificati altri cambiamenti finché nel 2009, insieme a mia moglie Maria Teresa, e a mia figlia Susy, abbiamo aperto la Imbritech che oggi conta 14 impiegati. Cathy, che lavorava a Pratt & Whitney, è entrata in azienda nel 2012».

Susy, 38 anni, è laureata in psicologia e ha un diploma in “Business” dell’Università Concordia. Attualmente è vicepresidente e amministratrice dell’azienda.

Cathy, 34 anni, è ingegnere meccanico, con specializzazione nel settore aerospaziale e possiede un master in amministrazione. Attualmente è presidente e direttrice di produzione dell’azienda mentre Benny è il segretario.

 

Cosa fa la Imbritech?

«Produciamo su ordinazione – spiegano le due sorelle – pezzi di alta precisione per l’industria idroelettrica, in particolare per i generatori; per i trattori; per le cartiere; le cosiddette “boccole” per i carrelli di atterraggio degli aerei e altro ancora. Produciamo circa 1000 tipi di pezzi diversi. Nel 2016 abbiamo venduto in totale 75.000 pezzi che possono costare da qualche dollaro fino a più di 20mila dollari. Il prezzo dipende da vari fattori. Ad esempio, dal tipo di materiale usato che può essere l’acciaio, l’acciaio inox, il bronzo, la plastica, l’alluminio e altro ancora, dal tempo che ci vuole per fabbricarlo e dal fatto che il pezzo può avere bisogno di ulteriori trattamenti particolari. Quando è pronto viene ispezionato e se tutto è in regola, e risponde alle norme internazionali “ISO”, viene spedito al cliente. Noi siamo in realtà una ditta di servizio. Non creiamo pezzi nostri, li facciamo per gli altri, sono “custom-made” cioè fatti su misura».

«I clienti – interviene Benny – ci mandano il disegno del pezzo che vorrebbero e noi facciamo un preventivo che, nel 60% dei casi, i clienti accettano. A quel punto iniziamo il processo di produzione. Alcune volte i clienti non rispondono nemmeno al nostro proventivo, segno che considerano il prezzo troppo alto e si rivolgono altrove. Oggi, con la mondializzazione tutto è possibile, la competizione è sempre più forte, le aziende guardano sempre meno alla qualità e sempre più al prezzo. Penso che il lato umano del rapporto con il cliente si è un po’ perso».

 

Lavorare in famiglia è un vantaggio o uno svantaggio?

Benny, Cathy e Susy si guardano e ridono. «Innanzitutto – esordisce Benny – devo dire che la cosa che mi fa più piacere è che le mie due figlie abbiano deciso di prendere la “relève” e di assumersi le responsabilità in seno all’azienda di famiglia. Sanno bene che per andare avanti bisogna lavorare sodo, non c’e niente di scontato e se non si lavora forte non si riescono ad ottenere buoni risultati. Certo, poi ognuno ha il suo modo di fare, le discussioni ci sono sempre, ci confrontiamo, ne parliamo insieme e troviamo sempre un compromesso».

«Penso – interviene Susy – che le discussioni avvengono più tra papà e Cathy. Mia sorella, avendo lavorato da Pratt & Whitney, ha una visione più strutturata delle cose mentre papà, essendo stato il boss per tanti anni, tende ad esserlo un po’ meno».

«In effetti – aggiunge Cathy – ho voluto introdurre nella nostra azienda proprio questo senso della struttura e dell’organizzazione in modo da renderla, a mio avviso, più efficace. Ma ciò non toglie che resta sempre un’azienda dal carattere familiare nella quale si parla anche l’italiano».

 

Donne ai vertici di un’azienda, problemi? Difficoltà?

«Il nostro – risponde Cathy – è un settore nel quale predomina ancora una certa mentalità maschile. Ma per me è così fin da quando ho iniziato l’università perché in ingegneria su 100 studenti solo 3 sono donne. Spesso se vado con papà in un posto e si comincia a parlare di lavoro la gente si rivolge più a lui che a me pensando che magari io non capisco niente di queste cose per scoprire, alla fine, che se vogliono fare affari devono parlare anche con me visto che sono la direttrice della produzione. Alcuni clienti, a volte, agiscono in questo modo; sono cose che succedono, ma ce ne sono altri che invece si complimentano con noi».

Cathy e Susy Imbriglio

Foto f_intravaia

«C’è anche un altro problema. Nel Québec – aggiunge Susy – non ci sono vere e proprie agevolazioni per stimolare l’imprenditorialità femminile. Noi, come azienda, siamo nati nel Québec e vogliamo fare affari con le aziende del Québec ma visto che i nostri clienti vengono soprattutto dall’Ontario e degli Stati Uniti, io e mia sorella siamo andate diverse volte negli Usa per fare dei contatti e trovare nuova clientela e abbiamo constatato che laggiù le aziende a conduzione femminile hanno una corsia preferenziale».

«In ogni caso – conclude Benny – io sono molto orgoglioso  che le mie figlie abbiano deciso di continuare il mio lavoro. Venivano in azienda da bambine. Hanno sempre respirato quest’aria e per loro al “relève” è stata una cosa naturale!».

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