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20:33pm25 Gennaio 2021 | mise à jour le: 25 Gennaio 2021 à 20:33pmReading time: 4 minutes

Il “Giorno della Memoria” nel ricordo e nelle parole di Liliana Segre

Ansa – Il 27 gennaio di ogni anno si celebra in tutto il mondo il Giorno della Memoria: viene ricordato il 27 gennaio 1945 quando le truppe sovietiche dell’Armata Rossa arrivarono ad Auschwitz svelando al mondo l’orrore del campo di concentramento, uno dei luoghi del genocidio nazista, liberandone i pochi superstiti.

Non c’è modo più efficace che ricordare quell’orrore, e farlo conoscere alle nuove generazioni, con il racconto di chi l’ha vissuto, come Liliana Segre: “Non ho mai perdonato, come non ho dimenticato”. Una testimonianza forte che dovrebbe scuotere le coscienze.

Iniziative per ricordare la tragedia della Shoah (lo sterminio del popolo ebraico) si svolgono in tutta Italia e in Europa: nelle scuole, in Parlamento, nei Comuni, nelle tv. Quest’anno molto si svolge in forma virtuale e online a causa della pandemia di Covid-19. Sono poi molti i libri consigliati e i film per ricordare.

Mai come oggi, quando i negazionismi avanzano nel mondo, è infatti importante ricordare. Una recente ricerca Eurispes (ottobre 2020) rivela infatti che i negazionisti aumentano anche in Italia: in circa 15 anni la percentuale di chi non crede all’orrore della Shoah è passata dal 2,7% al 15,6% con un 16% che sostiene che la persecuzione sistematica degli ebrei “non ha fatto cosi’ tanti morti”.

Una veduta del campo di concentramento di Auschwitz

I social network sono spesso il luogo dove corrono l’odio e l’intolleranza, dove è facile veicolare messaggi che raggiungono molte persone. E’ per questo che, di recente, Facebook e Twitter hanno vietato, e rimuovono, i contenuti che negano l’Olocausto. Ma c’è ancora molto da fare e non solo sul web.

 

Liliana Segre: «Non ho mai perdonato»

«Non ho mai perdonato, come non ho dimenticato la Shoah, e mentre ero ad Auschwitz per un attimo vidi una pistola a terra, pensai di raccoglierla. Ma non lo feci. Capii che io non ero come il mio assassino. Da allora sono diventata donna libera e di pace”.

Così Liliana Segre, 90 anni, nata a Milano, ha ricordato gli orrori dell’Olocausto nella sua ultima testimonianza pubblica alla Cittadella della pace di Rondine, vicino ad Arezzo, nella quale vivono molti studenti provenienti da paesi diversi e talvolta in guerra tra loro, ai quali ha simbolicamente passato il testimone.

«La Costituzione è stata scritta avendo davanti agli occhi le tragiche vicende che hanno coinvolto anche Liliana Segre da ragazza, ed è stata approvata con la ferma determinazione di non permettere che i mostri del totalitarismo che avevano devastato l’Europa potessero ancora avvelenare l’Italia, il nostro continente», ha scritto il presidente della Repubblica Sergio Mattarella in un messaggio, letto dalla stessa Segre, agli studenti di Rondine ai quali il Capo della Stato ha regalato una copia anastatica della prima edizione della Costituzione.

«Mai più privazione della libertà, guerre di aggressione, mai più negazione dei diritti umani, mai più razzismo, odio, intolleranza. questa era la comune volontà dei padri costituenti. Merito loro se la nostra Repubblica è fondata su principi di grande valore: democrazia, libertà, uguaglianza, centralità della persona umana, pace e giustizia tra le nazioni”, ha aggiunto. Un lungo applauso con standing ovation ha saluto l’arrivo e la conclusione della testimonianza della senatrice a vita, che ha parlato per circa un’ora, alla presenza del presidente del Consiglio Giuseppe Conte, dei presidenti di Camera e Senato Roberto Fico ed Elisabetta Alberti Casellati e di altre autorità.

Parlando delle leggi razziali Segre ha ricordato che «un giorno di settembre del 1938 sono diventata l’ ‘altra’. So che quando le mie amiche parlano di me aggiungono sempre ‘la mia amica ebrea’. E da quel giorno, a otto anni, non sono più potuta andare a scuola. Mio papà e i nonni e mi dissero che ero stata espulsa. Chiesi perché, mi risposero che ci sono delle nuove leggi e gli ebrei non possono fare più una serie di cose. Se qualcuno legge a fondo le leggi razziali fasciste capisce che una delle cose più crudeli è stato far sentire invisibili i bambini. Appena arrivati nel lager, ha detto ancora, mi venne tatuato un numero sul braccio, e dopo tanti anni si legge ancora bene, 75190».

 

 

 

 

 

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