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15:18pm18 Maggio 2021 | mise à jour le: 18 Maggio 2021 à 15:18pmReading time: 9 minutes

Un Istituto aperto, collaborativo e ospitale

Un Istituto aperto, collaborativo e ospitale
Photo: Foto F. IntravaiaFrancesco D'Arelli, d'origine lucana, è studioso di orientalistica e professore universitario

Il bilancio e i “regali” di Francesco D’Arelli, cinque anni alla guida dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal

Alla fine di questo mese il professor Francesco D’Arelli lascerà la direzione dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal per la scadenza naturale del suo mandato. Direzione: la Cina e Shanghai. Alla guida dell’IIC dal 29 febbraio 2016, D’Arelli ha “seminato” la cultura italiana ai quattro angoli di Montréal e del Québec. Vediamo come ci è riuscito e soprattutto quali frutti sono nati da questa semina particolare.

«Sono arrivato a Montréal – esordisce il direttore dell’IIC – con un’idea precisa di promozione della cultura e della lingua italiana, con la consapevolezza di trovarmi in una città e in una Provincia dove la presenza e il contributo degli italiani è stato determinante, in tutti i campi, sin dalla fine dell’800. La società civile di questa città, ma potrei dire del Québec e del Canada, presenta dei tratti molto precisi che riconducono alla cultura e al “modus essendi e vivendi” degli italiani. Un campo, dunque, fertilissimo per la produzione della cultura.

Fin dall’inizio ho avuto questa consapevolezza, ed ho cercato di creare subito una “liaison” di sentimenti, di corrispondenza con la comunità italiana perché sarebbe stato insensato, come spesso accade in certi contesti, snobbare o fare finta che non esistessero quegli italiani che poi hanno edificato la casa dove poi sei andato a svolgere la tua attività. Anche perché l’IIC e il Consolato Generale sono due uffici del Ministero degli Affari Esteri, rappresentano l’Italia istituzionale, una “grande madre” che deve avere orecchie, sensibilità e sentimento anche per i propri figli che vivono al di là dei confini.

Pertanto – afferma D’Arelli – la comunità italiana è stata la prima fonte di interlocuzione. Ricordo che appena arrivato mi sono trovato all’interno di una di queste occasioni celebrative della comunità italiana, un Gala, che mi ha dato immediatamente il senso e la percezione di quello che era il tenore della vita della comunità italiana.

Credo, in questi 5 anni, di aver sempre assicurato alla comunità italiana e a tutto i suoi organismi rappresentativi, la massima disponibilità. La comunità ha sempre avuto nell’IIC e nella mia persona un punto di riferimento costante. Ho sempre ascoltato tutti, abbiamo fatto tantissimi eventi insieme, partecipato alle numerose iniziative lanciate dalla comunità italiana. Un esempio per tutti la Settimana Italiana organizzata dal CNIC».

 

Vecchia e nuova immigrazione

«Il primo innamoramento – spiega – è stato con la Casa d’Italia che è stata, almeno nei primi anni, la mia seconda casa perché è un luogo fondativo della comunità italiana, un luogo con un grande significato che la rappresenta e la racconta, in cui si percepisce la presenza di tanti italiani, gli italiani delle origini.

Devo dire che sono stato anche fortunato perché quando sono arrivato nel 2016 mi sono trovato nel bel mezzo di una nuova immigrazione. Ho sempre amato fare il confronto tra gli italiani della prima emigrazione, la gran parte della quale fornita e dotata solamente della potenza creatrice delle braccia, che ha lavorato tantissimo, ha saputo imporsi e creare la ricchezza nonostante le umili origini, e i giovani italiani di oggi che, a differenza dei loro antenati, sono arrivati qui con le valigie piene di conoscenze, che hanno un ruolo nelle università locali.

A tale proposito, una delle iniziative che ha avuto successo e seguito è stato il progetto del “Genio vacante”.

Francesco D’Arelli

All’interno di questo progetto, per il quale abbiamo fatto più di 30 conferenze, ognuno di loro si è espresso ed ha presentato la propria specializzazione, il proprio background. Ma ciò ci ha permesso di leggere in maniera diversa l’epopea della “fuga dei cervelli” vista non come un fatto negativo ma come un’esperienza positiva. Gli italiani hanno sempre avuto questa vocazione di seminare in maniera disinteressate le loro conoscenze. Per cui credo che sia da sfatare l’idea che gli italiani si muovano perché l’Italia non è all’altezza della situazione. Non è vero, perché quando i giovani arrivano qui trovano sistemazione nelle università ma sono formati in Italia e quindi, se hanno un valore, questo valore lo hanno maturato e consolidato in Italia. Qui raccolgono i frutti della loro preparazione».

 

Apertura e dialogo

«L’IIC in questi anni – continua il suo direttore – non è stata una “casa chiusa”. Forse, un po’ lo era. Io ho girato tantissimo e questa casa l’ho aperta. Ho ritessuto relazioni con le università, con le istituzioni culturali, con quelle musicali, con i musei, con la Cinémathéque Québécoise. Sono andato a parlare con loro e all’inizio del 2018 il senso si è invertito, sono stati loro ad iniziare a venire in Istituto, a proporre progetti, a discuterne.

Anche in questo drammatico e funesto anno del Covid l’Istituto è rimasto “aperto”, sia pure in formato online. Abbiamo fatto tantissimi webinar, una settantina, che ci hanno permesso di dialogare con tutto il mondo ma che hanno creato anche delle opportunità di dialogo creativo con le istituzioni culturali locali. L’IIC ha lasciato “segni” ovunque, perfino sui muri, con la “street art”, con i murales. Là dove c’erano possibilità di integrazione, di realizzazione comune, abbiamo offerto la nostra disponibilità non solo per fare atto di presenza ma in termini di contributi creativi, di impostazione e realizzazione. Un altro esempio è la mostra “Montréal à l’italienne”, al Museo Pointe-à-Callière, idea che ho seguito e contribuito ad impostare con il Museo stesso».

Una veduta della mostra “Montréal à l’italienne” al Museo Pointe-à-Callière con il quale l’IIC ha attivamente collaborato

I corsi, il cinema, la musica

«Un’altra attività strategica, vitale per un Istituto – spiega D’Arelli – sono i corsi di lingua italiana. In questi anni sono cresciuti tantissimo, abbiamo avuto fino a 600 studenti per anno accademico con un aumento degli iscritti al primo anno e, in occasione della Settimana della lingua italiana” abbiamo organizzato la “Giornata dello studente” che ha avuto un ottimo successo.

Il cinema è stato un altro capitolo straordinario. Con Paul Tana e i giovani registi come Princigalli, Zorfini, Capasso, abbiamo fatto tantissimo, realizzato una trilogia di ritratti, una testimonianza su Fellini e la sua influenza sull’ambiente cinematografico quebecchese, le collaborazione con il Festival del film italiano contemporaneo (ICCF) e la Cinématéque Québécoise.

La musica, altro “volet” eccezionale grazie alle varie collaborazioni tra cui quella con l’Opéra de Montréal con la quale abbiamo organizzato molti eventi. Poi c’è stato un atelier di lingua italiana organizzato con la Scuola internazionale di teatro Giovanni Grasso dove i partecipanti hanno studito l’italiano attraverso la musica lirica. Abbiamo, inoltre, organizzato numerose conferenze sul patrimonio artistico tra cui quelle di due ufficiali dei carabineri del Nucleo di tutela venuti a portare la loro testimonianza.

Alla fine penso che l’IIC ha organizzato qualcosa come 500 eventi in 5 anni, sono davvero tanti!»

 

Il ruolo dei media sociali

In tutto questo – aggiunge D’Arelli – la comunicazione ha giocato un ruolo di primo piano. L’abbiamo curata tantissimo perché oggi non puoi svolgere un’attività di promozione senza considerare l’impatto che hanno i media sociali, Facebook, Instagram, Twitter, il sito web. Che il lavoro fatto sui social abbia portato i suoi frutti lo dimostra l’anno pandemico in cui abbiamo dovuto convertire tutta l’attività dell’IIC in formato online con risultati davvero apprezzabili in quanto la nostra platea è diventata mondiale!

Alla fine – conclude il direttore – me ne vado con l’idea non di non aver fatto qualcosa ma con l’idea di aver fatto tutto quello che era possibile fare in questi anni. Come diceva Machiavelli: “Meglio fare e pentirsi che non fare e pentirsi”, noi abbiamo fatto tantissimo, senza alcun pentimento e tutto quello che abbiamo fatto lo devo anche al lavoro straordinario dei miei collaboratori che tengo a citare Laura Molé, Barbara Celli, Pasquale Mercuri e Federio Bonfiglio, perché senza di loro questa macchina non avrebbe funzionato a dovere.

L’IIC ha seminato molto in questi 5 anni. L’auspicio è che continui su tale strada, che continui a conservare questo talento versatile, a dialogare con le varie istituzioni culturali e ad avere la capacità di adattarsi anche a nuovi contesti. Questa credo sia la missione dell’IIC».

 

I “regali” di D’Arelli

Come avrete potuto notare, le attività organizzate per promuovere la cultura italiana sono state davvero tante. Ma il direttore tiene a lasciare l’Istituto anche con un paio di regali “speciali” alla comunità.

Il primo è il libro “Italiani di chiese e processioni a Montréal” (ed. Guernica) curato dallo stesso D’Arelli in collaborazione con Padre Fugolo e con le foto, 80 in bianco e nero, di Andrea Paolella, il chimico che ha vinto la prima edizione del “Genio vacante”.

«La religiosità – spiega D’Arelli – è un elemento distintivo della comunità italiana poco raccontato. Il libro, che dovrebbe uscire a fine mese e che ospiterà contributi di vari autori, parlerà di 11 chiese, alcune costruite, altre frequentate dalla comunità italiana, illustrando i momenti particolari della vita religiosa degli italiani di Montréal.

Il secondo “regalo” nato in occasione del 700esimo anniversario della morte di Dante Alighieri, sarà una trilogia a fumetti, “Amor mi mosse”, edita dalla giovane casa editrice toscana “Kleiner Flug” dedicata al “Sommo Poeta”. Tre volumi dedicati a tre grandi valori universali: l’amicizia, l’esilio e l’impegno politico, tre condizioni che l’uomo può vivere ovunque, in tre versioni, italiano, inglese e francese.

La copertina del libro a fumetti dedicata al “Sommo Poeta”

Un progetto ideato e sostenuto dall’IIC, una altro punto fermo della promozione della cultura italiana a Montréal. Anche il fumetto, infatti, è uno strumento popolare della promozione della cultura. E sempre in occasione dei 700 anni della morte di Dante stiamo realizzando un bellissimo portale intitolato “La Divina lingua” che ospiterà una mostra sul poeta che avremmo dovuto organizzare all’Université de Montréal ma che a causa della pandemia non è stato possibile fare. Però la mostra l’abbiamo trasformata in un progetto virtuale. Sarà inaugurata tra fine giugno e inizio luglio. Ma il portale non si esaurirà con la mostra, diventerà uno strumento di diffusione della lingua italiana in tre lingue: italiano, inglese e francese, grazie al partenariato con alcune biblioteche italiane, con le università montrealesi e con la Treccani. Diventerà un progetto dal respiro internazionale di cui l’IIC, insieme al Dipartimento di studi medievali dell’U.d.M., è stato l’ideatore».

 

 

 

 

 

 

 

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