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19:23pm22 Agosto 2017 | mise à jour le: 22 Agosto 2017 à 19:23pmReading time: 7 minutes

Ricercare, analizzare, ottimizzare

Intervista con il professor Andrea Lodi, matematico ed ingegnere elettronico

Andrea Lodi è nato a Bologna nel 1969 dove si è laureato in Ingegneria Elettronica e dove ha ottenuto un Ph.D. in Ingegneria dei Sistemi.
È stato professore ordinario presso lo stesso Dipartimento di Elettronica, Informatica e Sistemistica (DEIS).
Ha svolto attività di ricerca e lavorativa in Svizzera e negli USA. Ha ricevuto diversi premi: il Google Faculty Research Award nel 2010; l’IBM Faculty Award nel 2011, il “Premio Venezia” della Camera di commercio italiana in Canada nel 2016

Foto f_intravaia

Arrivato a Montréal da Bologna nel luglio del 2015, il professor Andrea Lodi è alla guida di una delle più prestigiose cattedre universitarie canadesi, quella di “eccellenza”  sulla scienza dei dati per la presa di decisioni in tempo reale, all’École Polytechnique de Montréal. Il Corriere Italiano lo ha incontrato.

Al confine tra la matematica e l’informatica il lavoro del professor Lodi, e della sua equipe, consiste nell’analizzare una quantità enorme di dati e di informazioni provenienti, da internet, dalle reti sociali, dai telefoni intelligenti, dai sistemi di geolocalizzazione (i navigatori) e da altre fonti. Si tratta dei cosiddetti “big data”, dall’analisi dei quali si possono trarre conoscenze utili ad ottimizzare il lavoro di un’azienda o di un organismo, pubblico o privato, che fornisce dei servizi.

«I campi di applicazione delle nostre ricerche – spiega il professor Lodi – possono essere tanti: dal mondo dei trasporti, con la schedulazione, ad esempio, degli orari dei treni o degli autobus, alla definizione dei turni del personale; dal mondo della salute a quello del commercio e della distribuzione di merci. Si tratta di trovare, attraverso tecniche di matematica applicata e l’utilizzazione di algortimi, la soluzione migliore nell’ambito di una serie di soluzioni possibili, basandosi sull’analisi dei dati che si hanno a disposizione. I dati sono generati dall’utilizzo di tutti questi dispositivi come quelli mobili o elettronici. Per fare tutto ciò ho uno staff di una trentina di persone tra amministrazione, gestione della cattedra, gestione dei computer, rapporti con le aziende, che sono molto interessate al mio lavoro, e studenti impegnati in un dottorato o in un master».

 

Mi può fare qualche esempio pratico del suo lavoro?

«Prendiamo un problema “classico” di ottimizzazione matematica: trovare i percorsi minimi, più brevi, per un’azienda che fa la distribuzione di merci, ad esempio un supermercato che deve distribuire i prodotti ordinati dai clienti via internet. Dunque c’è un deposito delle merci, un parco di 10 camion e un certo numero di clienti da servire. Bisogna stabilire il percorso ottimale che deve fare ognuno di questi 10 camion durante la giornata. Una volta, per fare questo si calcolava semplicemente la distanza fisica esistente dal deposito al punto A, B o C dove risiedono i clienti. Oggi, invece, grazie all’analisi delle informazioni a nostra disposizione come, ad esempio, le abitudini dei clienti, le condizioni del traffico, i lavori in corso, se è una giornata di sole o di pioggia, se è un periodo particolare dell’anno come il Natale, posso, attraverso i miei calcoli, arrivare a trarre delle conclusioni che mi portano a tracciare il percorso ideale, quello più breve per fare le mie consegne. Sono calcoli basati non più sulla semplice distanza fisica ma su un contesto di previsioni. Naturalmente c’è sempre l’imponderabile, se quel giorno invece che splendere il sole nevica, le cose possono cambiare.

Quali prodotti mi conviene mettere più in evidenza nel mio negozio? Analizzando lo “storico” delle vendite, la domanda su questo o quel prodotto, le informazioni relative alle visite on line del negozio, la frequenza delle visite dei clienti, le loro abitudini, incrociando tutti questi dati posso farmi un’idea più precisa di quello che il cliente desidererebbe trovare nella vetrina del mio negozio.

Un’altro dei problemi su cui siamo molto attivi riguarda il mondo della sanità e, in particolare, dei trapianti. Un gruppo sta analizzano lo “storico” relativo ai trapianti di reni. Incrociando i dati relativi ai donatori e ai pazienti, alle caratteristiche degli organi, si può arrivare a fare delle previsioni sulla durata dei trapianti e mettere a disposizione dei medici delle informazioni utili che potrebbero far  risparmiare loro del tempo prezioso».

 

Dove svolge il suo lavoro?

«Contrariamente a quanto si possa pensare una buona parte del lavoro viene fatto ancora … alla lavagna! La concezione degli algoritmi viene fuori dalla discussione tra di noi poi è chiaro che c’è tutto un aspetto del lavoro che va fatto al computer. Con il mio in ufficio posso fare tante cose, poi ci sono dei momenti di ricerca più approfonditi, dei momenti molto ripetitivi che possono essere svolti nei nostri laboratori ma non è necessario essere fisicamente presenti nella stessa stanza; dal mio computer posso lanciare i processi e poi andare a vedere i risultati quando saltano fuori. Matematica e informatica richiedono un certo tipo di “hardware” ma la concezione dell’algortimo è sempre una cosa “artigianale”, non richiede un computer gigantesco! Il primo passo è la concezione dell’algoritmo, cioè della sequenza di passi da far fare ad un computer per risolvere un problema, poi si va al computer, non il contrario!»

 

La sua ricerche potrebbero far gola al mondo della politica?

«Si, potrebbero. Personalmente non ho “pressioni” di questo tipo e devo dire che non mi sono mai occupato di cose simili. Però si sa che alcune campagne elettorali degli ultimi anni, ad esempio negli Usa, sono state guidate non solo da persone esperte in comunicazione, come succede da sempre, ma anche da persone esperte in analisi di mercato. Si potrebbe, attraverso un’analisi dei dati, arrivare a stabilire quale potrebbe essere la sequenza migliore di visite delle circoscrizioni durante la campagna elettorale. Esiste anche una vasta letteratura sul campo limitrofo dei sistemi elettorali per stabilire quale potrebbe essere il più vantaggioso. È un campo oggetto di analisi approfondite da parte di alcuni miei colleghi, ma quanto matematici applicati come me abbiano influito sulle strategie politiche questo non lo so».  

 

Non c’è il rischio, analizzando tutta questa massa di dati, di entrare un po’ troppo nella vita privata delle persone? C’è un limite oltre il quale non si può andare?

«C’è un limite etico che noi cerchiamo di rispettare. È stato creato l’IVADO, l’Istituto di Valorizzazione dei Dati, che riunisce coloro che lavorano nel campo dei “big data” e che ha dei consulenti che si occupano specificamente di tali problemi. Si cerca di lavorare su dati resi anonimi, non su dati personali per sapere quanti fanno cosa non chi fa cosa. Certe aziende potrebbero essere portate a trarre vantaggi dall’analisi di dati privati, è già successo, noi cerchiamo di non violare la privacy. Il confine è molto labile però, per quanto mi riguarda, cerco di fare la massima attenzione.

È una domanda che spesso rivolgo ai miei studenti. Dipendentemente dalla loro età le risposte sono completamente diverse. Io, lei, le persone “meno giovani” abbiamo una percezione diversa della “privacy”. I giovani di oggi sono nati con l’idea di condividere le loro cose su tutte le piattaforme. La percezione del problema cambia, così come i tempi!»

 

Le cattedre di eccellenza in ricerca del Canada

 

«Di queste cattedre – spiega il professor Lodi – ce ne sono 25 in tutto il Canada che operano in vari ambiti della ricerca: medicina, fisica, gestione delle acque, economia, ambiente, ecc.. Quella di cui sono titolare è l’unica in informatica e in matematica. Si tratta di un programma molto competitivo del governo federale il quale, per favorire l’internazionalizzazione della ricerca canadese, seleziona soltanto persone che non siano canadesi.

Per creare questo tipo di cattedra si segue un iter ben preciso. Il primo atto è quello della presentazione di un progetto da parte dell’università interessata. Nel nostro caso il progetto è stato presentato dal cosiddetto “Campus Montréal”, formato dall’Università di Montréal, dal Politecnico e dalla Scuola di Alti Studi Commerciali (HEC). Se la domanda viene approvata l’Università inizia la selezione della persona a cui affidare la cattedra che, una volta trovata, redige un documento nel quale traccia le linee del tipo di ricerca che vorrebbe svolgere.

Ogni cattedra – continua il professor Lodi – ha una durata di 7 anni ed è dotata di un fondo iniziale di 10 milioni di dollari che, nel nostro caso sono stati integrati da altri fondi provenienti dall’U.d.M., dal Politecnico e dall’HEC.

I finanziamenti ricevuti possono essere spesi nell’ambito di 10 anni e la cattedra non è rinnovabile. Al termine diventerò un professore ordinario del Politecnico».

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