Anche gli italiani all’estero vogliono diventare protagonisti e vincere la loro partita
di Michele Schiavone
Aise – In Europa è tempo di calcio, la nazionale azzurra accarezza il grande sogno di ripetere la storia, che l’ha vista vincitrice di quattro mondiali e di un campionato europeo. Intorno alla nostra nazionale aleggia un clima popolare identificativo dell’appartenenza a una civiltà calcistica, a una condivisione culturale e sportiva, che ha risvegliato enorme interesse verso il modo di praticare il calcio.
Questo sentimento travalica le frontiere, incontra e si confonde con le emozioni dei nostri connazionali all’estero, ritornati a gioire, come è ritornato in auge in Italia, nelle forme e nei modi più disparati: caroselli di automobili, di musiche, suoni e rumori; il verde, il bianco, il rosso si mimetizza nei colori lungo le strade, illumina monumenti e palazzi, anima le piazze e diventa spettacolo senza distinzioni generazionali, di genere e di cittadinanza.
A volte basta un goal per riaccendere speranze, per ridare senso alle cose futili e importanti, per suscitare emozioni, per risvegliare la passione e la coscienza di una nazione. E spesso, con grande meraviglia, gli italiani questi sentimenti li esprimono e li manifestano quando, per 90 minuti, i nostri undici giocatori iniziano a rincorrere il pallone sul rettangolo verde di calcio, dopo aver cantato a squarcia gola l’Inno di Mameli.
In questo campionato europeo la nazionale italiana di calcio ha acquisito simpatie e rispetto dai tifosi azzurri come anche dagli avversari; il suo allenatore è riuscito a costruire un clima coinvolgente e di successo, forgiando un gruppo unito, ovvero tracciando un sentir comune in una squadra composita, con tanti giovani e bravi calciatori impegnati singolarmente a dimostrare le proprie virtù nel rispetto reciproco e al servizio di un unico obiettivo.
Le squadre vincono e si impongono a medio o lungo termine, se i solisti seguono le indicazioni del dirigente, se interpretano gli spartiti in maniera corale e rendono la musica orecchiabile, degna di essere ascoltata e allorquando è condivisa le note riscuotono successo, restano nella storia, diventano immortali dando un senso compiuto all’ingegno dei singoli e al progetto collettivo.
Il gioco di squadra
Questo è quanto gli italiani all’estero aspettano da tempo, da sempre anche da coloro che sono chiamati a interpretare lo spartito della rappresentanza civile e politica nei vari campi e negli ambienti in cui i singoli sono stati delegati per realizzare missioni concrete, per integrarli nel progetto nazionale del nostro Paese.
Gli italiani all’estero senza un dirigente capace e riconosciuto, purtroppo, sono soggetti alle improvvisazioni dei singoli, ai tentativi spesso riparatori o accomodanti dei solisti armati di autostima e recalcitranti al gioco di squadra, lontani dall’eseguire gli spartiti che hanno fatto grandi i nostri musicisti, i registi, le nostre nazionali di calcio e quei profili di donne e uomini politici a cui in molti ci ispiriamo.
Chissà se quest’ennesima lezione che ci giunge dal terreno di gioco, potrà far ravvedere e scuotere gli animi irrequieti di chi è in fuori gioco e rincorrere il pallone in solitaria, nonostante il fischio dell’arbitro.
Gli italiani nel mondo hanno bisogno di un dirigente capace di mettere assieme i singoli giocatori perché, sullo scacchiere legislativo, sull’attuazione delle leggi vigenti non toccano palla da tanto tempo, anzi corrono il serio rischio di essere eliminati sia dalle competizioni sportive, sia dall’assistere agli eventi da spettatori.
Eppure i tempi grami che stiamo vivendo richiedono uno slancio di umiltà e lo spirito di resilienza con una visione unitaria per superare le avversità sanitarie, sociali e economiche, che segnano in maniera irrequieta questi nostri giorni.
Se la nazionale di calcio è riuscita a indicare la via e il cammino da perseguire per raggiungere il consenso e il successo, non dovrebbe essere difficile ispirarsi e trasporre tutto ciò nelle attività del Governo, nelle aule parlamentari, nella vita amministrativa, pubblica e sociale. Serve far girare il pallone tra le file dei nostri connazionali e giocarlo per realizzare il golden goal, che da tempo auspichiamo possa illuminare le stanze di Palazzo Chigi, della Farnesina e gli ambiti nei quali sono schierati i nostri giocatori istituzionali.
Gli italiani all’estero vogliono diventare protagonisti e vincere la loro partita, desiderano scendere in campo e non restare seduti in panchina, amano spendersi per l’Italia, per la nostra nazione.
Tante volte, in particolare nelle situazioni spinose e geopolitiche, lo sport è riuscito a scongelare il ghiaccio e le rigidità intransigenti aprendo una breccia sull’ostinatezza della staticità. Con un dirigente riconosciuto e tanti giocatori nella stanza dei bottoni, anche per gli italiani all’estero la sinfonia diventerebbe musica di successo.
Michele Schiavone è segretario generale del CGIE (Consiglio Generali degli Italiani all’Estero)