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16:41pm14 Febbraio 2017 | mise à jour le: 14 Febbraio 2017 à 16:41pmReading time: 6 minutes

Quando la scuola diventa una famiglia

Visita al Centro di educazione oper gli adulti Galileo

Martina Schiavone è nata nata a Sept-Îles da padre molisano e madre siciliana e dirige la scuola da 4 anni

Foto Mario Beauregard/TC Media

Il Galileo si trova a Montreal-Nord ed è frequentato da 1000 studenti dai 16 ai 25 anni, di cui 88 sono disabili, quasi tutti d’origine italiana così come gli insegnanti. Il Corriere Italiano, accolto dalla sua direttrice Martina Schiavone, l’ha visitato la scorsa settimana.

«Al Centro – spiega la direttrice – abbiamo tre differenti programmi scolastici: quello delle secondarie, per gli studenti dai 16 ai 25 anni che vogliono diplomarsi oppure ottenere i crediti mancanti per iscriversi poi al Cégep; i programmi di insegnamento dell’inglese e/o del francese per gli immigrati, che frequentano la scuola di giorno o di sera, ed infine il programma speciale di integrazione sociale (“Social Integration Service”) per gli studenti handicappati o disabili. Abbiamo inziato quest’ultimo programma tre anni fa con 22 allievi, ora siamo arrivati a 88.

Negli ultimi tempi – continua Martina – il governo ha tagliato molti servizi nel campo della sanità e dell’assistenza e per questo motivo spesso i genitori dei ragazzi disabili si trovano in difficoltà e non sanno come fare o dove portare i loro figli una volta che questi hanno compiuto i 21 anni e non hanno più diritto a frequentare le scuole secondarie. I “nostri” disabili, siano essi affetti da da autismo, da sindrome di Down, di Asperger, da un ritardo mentale o da altro ancora, hanno dai 21 ai 65 anni. L’obiettivo della scuola è quello di insegnare loro come fare per integrarsi nella società. Molti di loro non sanno maneggiare i soldi, non sanno come fare per comprare il pane o altro, come comportarsi in certe situazioni, come o quando salutare e così via. In altre parole imparano a comportarsi in base alle varie situazioni, apprendono a sviluppare il loro senso di integrazione nella società. La cosa più bella di questa scuola – prosegue Martina – è che le attività di integrazione sono fatte anche con le altre due categorie di studenti; in tal modo i disabili imparano a socializzare e gli altri studenti – dagli immigrati agli adolescenti – ad accettarli per quello che sono».

 

Come sono strutturate le classi per gli studenti disabili?

«Ci sono 6 classi; ognuna è composta dai 9 ai 17 studenti, dipende dai loro livelli perché non tutti hanno lo stesso ritmo di apprendimento. Fanno lezione ogni giorno, dalle 9 alle 14, ma possono arrivare alle 8 del mattino e rimanere fino alle ore 15. In classe si insegnano la musica, l’arte, l’inglese, il francese, la geografia, si fa la la zooterapia, la terapia con gli animali, il teatro, le marionette, si fanno molte attività come lo scrapbooking, il bricolage, le arti plastiche, l’aromaterapia, il rilassamento, la meditazione e la cucina. Abbiamo una gran bella cucina e la cucina è come la casa! Fanno la pasta, la pizza, gli gnocchi, i dolci, i biscotti, tutte cose che poi rivendono alla caffetteria per gli altri studenti della scuola. In tal modo i nostri disabili imparano tante cose: da come fare la spesa a come preparare il pasto, da come venderlo a come fare i profitti e a come gestirli acquistando altre cose o mettendoli a disposizione della scuola per finanziare altre attività. Per noi sembrano delle cose scontate ma per loro non è così evidente!

Poi facciamo anche altre attività: visite, escursioni, bowling, la gita alla “cabane à sucre”, le giornate multiculturali dove tutti gli studenti della scuola portano le loro specialità e socializzano tra di loro. Il nostro principio è quello dell’inclusione, non solo per gli studenti disabili ma per tutti, anche per gli immigrati che devono imparare ad inseririsi in una società che per loro è nuova e tutta da conoscere, e per gli studenti delle secondarie che in tal modo possono confrontarsi con altre realtà. Ritrovandosi tutti insieme si sentono un po’ come a casa e in una grande famiglia dove tutti possono imparare qualcosa indipendentemente dall’handicap, dall’età o dall’origine».

 

Per quanti anni un disabile può frequentare la scuola?

«Possono rimanere qui fino a quando hanno bisogno di imparare qualcosa ma se arrivano ad un punto che non possono o non riescono più ad andare avanti perché il programma è troppo difficile o dimostrano una certa stanchezza allora devono essere dirottati verso un altro programma, al di fuori della nostra scuola. È una decisione che si prende collegialmente: professori, assistenti sociali, genitori; ci riuniamo, facciamo una valutazione e poi decidiamo se farlo continuare a studiare qui oppure prepararlo all’eventualità di integrare altri servizi; ma sia chiaro che noi non buttiamo fuori nessuno!»

Giuseppe, Alessandro, Giulia e gli altri…

Accompagnato dalla direttrice Martina Schiavone abbiamo fatto il giro delle classi frequentate dagli studenti disabili. Li troviamo tutti di buonumore, contenti di ricevere una visita, sorridenti, aperti, disposti al dialogo, orgogliosi di mostrare quello che stanno facendo e di parlare italiano.

Giuseppe “Joe” Romeo, 36 anni, soprannominato dagli insegnanti e dai suoi compagni di classe il “Re”, a dimostrazione del fatto che in questo posto si trova proprio bene, mi viene incontro e mi stringe la mano.

«Giuseppe – chiedo – dove sei nato?»

«A Montreal – risponde ma i mei genitori sono di Roma».

«Come ti trovi qui?»

«Molto bene», – risponde mostrandomi con orgoglio i suoi lavori di scrapbooking, delle schede fotografiche con commenti e note dedicate ad Halloween, a Babbo Natale, ai cantanti Michael Jackson ed Elvis Presley, a New York.

«Qual è la cosa che ti piace di più fare?», aggiungo.

«Cucinare e guardare le ragazze ….sono il “Re!»

Interviene Alessandro Pettinicchio, 31 anni: «Sono amico di Joe da 24 anni e anche a me piace fare lo scrapbooking, cucinare, soprattutto i biscotti e … mangiarli!». Anche Alessandro è nato a Montreal. Il papà è di Campobasso e la madre è nata a Montreal da genitori italiani.

«Ti trovi bene con i tuoi compagni di classe?», chiedo. «Si molto, è una bella famiglia!»

Infine Giulia, 22 anni, nata a Montreal. «Papà è di Campobasso – ci racconta sorridente – e mamma di Benevento».

«Ti piace l’Italia?», chiedo.

«Molto», risponde.

«E cosa ti piace di più?»

Non esita nemmeno un istante: «La pizza, Napoli e Roma!»

 

Alcuni studenti disabili alle prese con le attività di classe

Foto Mario Beauregard/TC Media

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