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14:38pm28 Giugno 2022 | mise à jour le: 28 Giugno 2022 à 14:46pmReading time: 13 minutes

L’eccellenza del vino italiano a Montréal

L’eccellenza del vino italiano a Montréal
Photo: Foto Fabrizio IntravaiaIl 21 giugno scorso si è tenuta a Montréal una giornata dedicata ai migliori vini italiani premiati con i “Tre Bicchieri

La grande degustazione del Gambero Rosso-Tre bicchieri: intervista all’amministratore delegato Luigi Salerno. Parlano i produttori: i vini della Liguria, dell’Emilia Romagna e del Lazio

 

Il 21 giugno scorso si è tenuta, presso il Centre de Science de Montréal, dopo tre anni di assenza, una giornata dedicata ai migliori vini italiani premiati con i “Tre Bicchieri”, l’ambito riconoscimento che assegna ogni anno la guida  “Vini d’Italia” del Gambero Rosso.

Una vera e propria “passeggiata-degustazione” tra i vini italiani di tutte le regioni, una bella occasione per gli addetti ai lavori, i ristoratori e gli appassionati del vino per conoscere più da vicino il meglio della produzione italiana degli ultimi tempi, le varie cantine che li producono e per far scoprire quei vitigni autoctoni di cui l’Italia è ricca ma che sono forse meno noti al grande pubblico. In questo senso sono state di grande rilievo due masterclass che hanno arricchito il programma e fatto conoscere nel dettaglio tutte le caratteristiche dei “Tre bicchieri” in questione.

Per l’occasione il Corriere Italiano ha incontrato Luigi Salerno, amministratore delegato del Gambero Rosso, che ci ha spiegato cos’è questa istituzione specializzata nel mondo del “wine & food” e il significato di una manifestazione di questo genere.

Luigi Salerno

«Gambero rosso – ha spiegato – è un editore multimediale. Nasce nel 1986-87 proprio con la guida dei “Vini d’Italia” e proprio nel momento più complicato del vino italiano. Da quel momento, forse anche grazie all’opportunità di comunicazione che il Gambero Rosso ha offerto ai vini italiani c’è stato un incremento più che della quantità, della qualità dei nostri vini. La guida viene tradotta oltre che in inglese e in tedesco anche in cinese e giapponese ed è importante anche per i monopoli locali come la SAQ ad esempio, che riconosce l’importanza del nostro “rating” e ne tiene conto.

Il Gambero Rosso oltre alle guide, 16 in tutto, tra cui anche quelle dei ristoranti e dei “Wine bar”, fa anche altre cose come un sito web molto importante in Italia e nel mondo, in italiano e in inglese, un canale televisivo sulla piattaforma Sky, ha una scuola di formazione sul “food & wine”, forse fa troppe cose ma che ormai si sono consolidate ed hanno affermato il nostro marchio nel mondo. Ogni anno, inoltre, facciamo questo dei “Tre bicchieri” ed altri eventi per un totale di circa 40 eventi all’anno in tutto il mondo. Siamo già stati in Nuova Zelanda, Australia, Vietnam, Singapore, negli Stati Uniti ed ora in Canada (Montréal e Toronto).

Oggi, a questa degustazione – prosegue Luigi Salerno – sono presenti una cinquantina di aziende italiane che hanno ricevuto il riconoscimento “Tre bicchieri”, il massimo per la qualità dei vini d’Italia e da circa 3 anni, in tutte le nostre attività del vino inseriamo anche la guida dei migliori ristoranti italiani nel mondo che premiamo, così come per i vini con uno, due o tre bicchieri, con una, due o tre forchette per i ristoranti, con uno, due o tre spicchi per le pizzerie e da una a tre bottiglie per i wine-bar.

Questa sinergia tra il mondo del food internazionale italiano ed i vini hanno creato un interesse ma anche un’opportunità di scambio e di promozione dei ristoranti italiani da una  parte e del vino italiano dall’altra. Quindi il vino italiano usufruisce di questa base di distribuzione attraverso i ristoranti essendo, in tal modo, sempre più partecipe e presente sul territorio che visitiamo».

Che impressione ha del mercato canadese e, in particolare, di quello quebecchese?

«Il Québec – risponde – è un territorio fortemente francofono con una presenza centenaria dei vini francesi per cui non è semplice per il vino italiano affermarsi. Ma il nostro vino ha, comunque, una grande attrattiva, nel senso che nel mondo è quello che ha il miglior rapporto qualità/prezzo, una maggiore capacità di offrire una grande qualità a prezzi ragionevoli. Questo fatto è stato apprezzato anche dai Monopoli che fornendo un servizio al consumatore, hanno sempre cercato di guardare alla migliore offerta per il pubblico non solo per la qualità ma anche per i prezzi».

 Quali sono le tendenze del vino italiano in questo momento?

«Il vino italiano ha sempre seguito, come è successo anche prima con il vino francese, la cucina. In questo momento la cucina italiana è quasi sempre la prima cucina più apprezzata nel mondo. Noi, come Gambero Rosso stiamo spingendo affinché i ristoranti italiani nel mondo si dotino di liste di vini importanti in modo da creare un abbinamento di qualità.

La guida dei vini 2022 del Gambero Rosso

La tendenza nel mondo in questo momento è dettata dai paesi asiatici perché è lì che c’è una grande opportunità di sviluppo in termini di numeri. Fino a 10 anni fa nei paesi asiatici il vino era solo rosso perché avevano avuto un’educazione di vini di tipo francese e quindi gran parte dei consumatori se sceglieva un vino lo sceglieva rosso. Per loro il bianco non era considerato nemmeno un vino. Negli ultimi tempi le cose sono cambiate anche perché è cambiato il trend del vino bianco che da vino di “fresca beva” è diventato anche un vino da conservare. Non c’è più questa grande differenza tra il rosso e il bianco come vino da comprare per tenere a casa negli anni. Il bianco sta cominciando a recuperare e insieme a lui anche le bollicine. Prima era solo lo champagne, ora i produttori italiani producono accanto alle loro varie etichette anche delle bollicine, il Prosecco, che non ha niente da invidiare a nessuno e che sta avendo un grande succssso».

 Tutte le regioni italiani producono ottimi vini. Ce n’è una che in questo momento si sta distinguendo più delle altre?

«L’Italia ha delle denominazioni che le altre nazioni non hanno, denominazioni autoctone che secondo noi sarannno il futuro di un mondo con una cultura elevata del vino perché quando un consumatore ha assaggiato tutti i vini più importanti poi cerca delle originalità. Se vuole un Merlot, un Cabernet, un Sauvignon, lo trova ovunque ma se vuole una Falanghina, un Susumaniello o un altro autoctono deve guardare per forza

all’Italia. È questo il nostro vantaggio e la nostra forza d’attrazione. La regione? I vini della Toscana, del Piemonte e del Veneto sono tra i più conosciuti al mondo ma i vini del Sud, specialmente della Puglia, stanno avendo un grande successo. La Puglia sta diventando una meta turistica mondiale anche grazie ai prodotti del suo territorio e alla sua capacità di averne grandi quantità ma anche grande qualità».

Per informazioni: https://www.gamberorossointernational.com/

 

I premi 2022 per i ristoranti di Montréal

Da Emma – Due forchette

Nora Gray – Una forchetta

Da Vinci – Una forchetta

Graziella – Tre Bottiglie

Bottega – Uno spicchio

Mercato Comunale – Uno spicchio

 

LA VOCE AI PRODUTTORI

La Liguria, il vermentino e i Colli di Lunae

Michele Gianazza è il direttore vendite delle Cantine Lunae Bosoni, azienda della famiglia Bosoni. «Il nome “Lunae” – spiega – si rifa all’antica tradizione della coltivazione della vigna e della produzione di vino al tempo dell’Impero Romano. Siamo in Liguria, nella zona della provincia di La Spezia, proprio al confine con la Toscana.

Michele Gianazza e il vermentino dei Colli di Lunae

I Colli di Lunae sono proprio la nostra denominazione, una zona in cui il vino è stato coltivato da più di 2000 anni. Nella sua “Storia Naturalis”, Plinio il Vecchio scrive che i vini dei Colli di Luni erano tra i migliori sulle tavole di Roma. I vini – aggiunge – venivano spediti dall’antico porto di Luni, il “Portos Lunae”, il cui sito archeologico dista 2 km dalla nostra cantina. Il trend dell’azienda si ispira, dunque, a questa tradizione romana che poi dà il nome alla zona in cui ci troviamo, la Lunigiana.

La famiglia Busoni coltiva le vigne e non solo da 4 generazioni. Paolo Bosoni, l’attuale presidente, terza generazione, decise di focalizzarsi solo sul vino e iniziò la produzione di vini su larga scala. Nel 1989 fu tra i prmotori della nuova DOC Colli di Luni che è una delle DOC più recenti.

La Liguria è famosa per i vini bianchi perché la nostra cucina è tutta basata su ingredienti che vengono dal mare con un mix di vegetali e ingredienti che vengono dalla terra. La regola è la semplicità. Nella nostra regione, quindi, sia i vini che gli oli hanno tutti dei caratteri molto sottili ed eleganti perché devono accompagnare dei piatti  di pesce che sono molto delicati. Nella nostra zona non esiste il burro, non esistono le carni rosse. Basta fare  2 km e sei in provincia di Massa Carrara e il mondo cambia completamente perché lì la cucina è basata sulle carni rosse, sul pomodoro, e i vini sono i rossi più robusti, in poco spazio cambia totalmente  quella che è la tradizione culinaria e la produzione di vini. I Colli di Luni rappresentano nella provincia di La Spezia il 70% della produzione totale della Ligura. La Liguria è una piccola regione, in quanto a produzione di vino è la terza più piccola d’Italia, prima del Molise e della Val d’Aosta.

Il vermentino – prosegue – è l’uva che regna su tutta la regione, da est a ovest. È un’uva semi aromatica, che nella nostra zona trova un suo grande equilibrio con l’acidità. Noi siamo in una zona dove abbiamo il mare a 3 km di distanza e le montagne oltre i 2000 metri, le Alpi Apuane, alle spalle, per cui abbiamo grandi sbalzi di temperatura tra il giorno e la notte. Notti fresche e ventilate per l’aria che viene dalla montagne e giornate calde intense per la brezza che viene dal mare. Quindi grande acidità dei vini, grande eleganza che si sposa molto bene con la nostra tradizione. E questa è un po’ la differenza tra i vermentini della Liguria e quelli di altre zone d’Italia come la Toscana o la Sardegna dove il clima è molto più forte quindi si hanno vini più strutturati, più profondi con sentori tropicali, un timbro molto più profondo. Nei nostri vini, invece, l’eleganza e la freschezza sono la nota principale che salta al palato».

Cosa significa per voi partecipare ad eventi come questo?

«È una cosa molto importante. Sono 13 anni – risponde Michele Gianazza – che siamo “Tre bicchieri” Gambero rosso e il nostro vermentino etichetta nera è il più premiato in assoluto. È stato un percorso molto importante perché ha portato la Liguria in giro per il mondo, una regione forse meno conosciuta. Un percorso lungo, anche difficile, ma che ora ci sta dando tante soddisfazioni, un bel percorso che ci ha permesso di entrare in nuovi mercati e di conoscere nuove realtà come quella del Canada e del Québec».

 

Chiara Condello e i vini dell’Emilia Romagna

Tra i responsabili della cinquantina di cantine presenti alla “Tre bicchieri” di Montréal abbiamo incontrato Chiara Condello che rappresenta sia l’azienda che porta il suo stesso nome che quella di famiglia, la Condé.

Chiara Condello e i vini dell’Emilia Romagna

«Entrambe – spiega Chiara – sono situata a Predappio, in Emilia Romagna, in provincia di Forlì-Cesena, un piccolo paese all’inizio dell’Appenino dove finiscono le foreste casentinesi e iniziano le colline, alle spalle di Forlì».

 Cosa significa partecipare ad eventi di questo genere?

«Dopo gli anni di Covid è sempre importante tornare a visitare i nostri clienti, tornare a parlare con loro e fare un racconto di quello che è il nostro lavoro perché ogni anno c’è qualcosa di diverso e di migliorativo e considero importante fare di persona questo rapporto.

Predappio è zona storica di produzione del Sangiovese quindi ho portato a Montréal tre vini che sono tre Sangiovesi in purezza. Il primo è un vino dell’azienda della mia famiglia, il “Condé Superiore”. È un vino che facciamo con le vigne giovani. Pensiamo che uno dei biglietti da visita dell’azienda sia quello di farla conoscere anche attraverso dei vini un po’ più quotidiani, più semplici. È un vino che parla delle colline di Predappio e delle sue unicità, della sua varietà autoctona, il Sangiovese piccolo, e questa bottiglia rispecchia tali caratteristiche dando vita ad un vino con una struttura elegante.

Con la mia azienda, invece, faccio solo due vini, due Sangiovesi in purezza. Il primo, che porta il mio nome, nasce da parcelle che hanno tra i 40-50 anni, piantate su argille. L’altro è “Le Lucciole”, che proviene da una mia vigna singola, in questo caso piantata su un terreno roccioso, una roccia d’origine marina che si chiama Spungone e che caratterizza tale parcella e dà a questo vino una grande complessità ed una grande longevità.

Lavoro – aggiunge – in maniera molto semplice praticando una viticoltura biologica. Lo stesso rispetto che ho in vigna per il suolo e per la pianta poi lo riporto in cantina sul frutto, dunque lavorazioni fatte tutte con fermentazioni spontanee e affinamenti lunghi in botti grandi. Tutti i vini sono in vendita alla SAQ. Esportiamo circa l’80% dei nostri vini, in 40 paesi, e il Canada è un bel mercato per noi».

 

Come vede il mercato del Québec?

«È sicuramente interessante. Quello che percepisco è anche un incremento della qualità nel consumatore ed un interesse crescente per i vini, per le denominazioni più piccole, per vitigni autoctoni italiani. Penso che sia un mercato che per i vini italiani sta diventando sempre più importante proprio per questa voglia di scoprire nuove denominazioni ancora poco conosciute».

 

Il “Casale del Giglio” e i vini del Lazio

Elise Rialland è la responsabile dell’ufficio esportazioni dell’azienda laziale “Casale del Giglio”, una cantina che si trova ad una cinquantina di km a sud di Roma, nella zona compresa tra Aprilia e Latina.

«Partecipiamo a questi eventi di Montréal e Toronto – spiega – perché ci teniamo molto alla promozione dei vini italiani all’estero e a diffondere il messaggio che, per quanto riguarda la nostra regione, abbiamo degli ottimi vini di qualità, con un buon rapporto qualità/prezzo.

Elise Rialland e un collaboratore del Casale del Giglio nel Lazio

Abbiamo portato 5 vini, tre bianchi, provenienti da varietà autoctone del Lazio come il Bellone, della zona di Anzio, e la Biancolella che viene da Ponza, e due rossi, con un altro vitigno autoctono locale, il Cesanese, dove siamo in una zona un po’ più collinare, quella del frusinate e il nostro top di gamma, la nostra riserva, la Mater Matuta, un assemblaggio di Sirah e Petit Verdot. Il mercato canadese e quello quebecchese sono sempre un po’ una sfida per noi, per via della presenza dei monopoli, della SAQ, ma questa degustazione rappresenta una grande opportunità di apertura, di poter incontrare i “buyers” locali e di essere infine listati e non ricorrere sempre alle importazioni private. Nel passato abbiamo avuto altre etichette listate ma il nostro obiettivo, presentando queste varietà autoctone, è di rappresentare ancora di più la nostra territorialità, la nostra specificità e di  avere questa opportunità di essere inseriti nel listino della SAQ».

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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