VII edizione della Settimana della cucina italiana nel mondo (14-20 novembre). Intervista allo chef e scrittore Tommasi Melilli autore del libro “I conti con l’oste”
Il percorso di Tommaso Melilli è un percorso tutto particolare. Partito dall’Italia poco meno che ventenne per studiare lettere e filosofia contemporanea a Parigi, si è ritrovato ben presto a lavorare nelle cucine dei ristoranti e a diventare uno chef.
In seguito all’esperienza accumulata nel settore della ristorazione decide di rientrare in Italia. Inizia, inoltre, a collaborare con varie testate fino a pubblicare un libro dal titolo “I conti con l’oste” (Einaudi, 2020), libro che presenterà il 16 novembre, alle ore 18, all’Istituto Italiano di Cultura di Montréal nella sua versione francese intitolata “L’Écume des pâtes” (Folio 2022).
Un’occasione più che “ghiotta”, quindi, per parlare della “Settimana” e per capire perché, alla fine, bisogna fare i conti con l’oste.
Il tema d’edizione 2022 della “Settimana” è: “Convivialità, sostenibilità e innovazione, gli ingredienti della cucina italiana per la salute delle persone e la tutela del Pianeta”. Secondo lei sono gli ingredienti giusti della cucina italiana?
«Sicuramente, soprattutto la convivialità ma, aggiungerei, l’ospitalità che poi è il tema del mio libro che – afferma Tommaso Melilli – non è un libro di cucina in senso stretto ma un libro che si pone delle domande: cos’è che fa in modo che quando andiamo a mangiare in un ristorante ci sentiamo bene? Come si crea l’alchimia? Si crea oltre che per le cose buone che mangiamo anche grazie al sistema dell’ospitalità, a come ci sentiamo accolti e a come il nostro “oste” ci rende partecipi di un’esperienza che non è solo gastronomica ma anche psicologica e affettiva».
C’è poi la sostenibilità. Già, ma cosa vuol dire?
«È una questione ecologica e di salute del Pianeta. Dal mio punto di vista – spiega – i modi per interpretarla sono di cercare di lavorare il più possibile con i prodotti locali, di fare meno carne possibile e quando la si fa di farla con animali poco impattanti dal punto di vista ambientale quindi con meno bovini.
Ma non basta dire: mangiamo meno carne! La soluzione è inventare, innovare, scoprire, riscoprire provare e proporre nuovi repertori, nuovi piatti, delle alternative più artigianali e meno industriali. Questo diventa un lavoro culturale perché noi non mangiamo gli ingredienti, mangiamo i piatti e le cose da mangiare devono essere buone anche da vedere, da pensare, da immaginare. È necessario renderle interessanti e mentalmente commestibili, seducenti per tutti, ed è così che in realtà si può cambiare il modo di mangiare.
Ai tre temi principali: convivialità, sostenibilità e innovazione – prosegue lo chef/scrittore che attualmente vive a Milano e insegna all’Istituto d’arte applicata e design (IAAD) di Bologna – aggiungerei il sottotema del trattamento del personale nelle cucine che, in Italia, è drammatico sia a livello contrattuale che culturale. Si guadagna molto meno che nei ristoranti esteri, il personale è sottopagato e lavora tantissimo, troppo, fino a bruciarsi e a bruciare la propria professionalità al punto da voler cambiare mestiere a 27 anni dopo essere stati ben formati e dopo aver imparato a cucinare degli ottimi piatti con uno spreco evidente di risorse umane».
Quali sono le tendenze gastronomiche del momento?
«C’è una grandissima richiesta – risponde Tommaso Melilli – di verdure, di vegetali, di contorni. Sono piatti che tradizionalmente sono presenti nelle case degli italiani ma che in ristorazione spesso mancano. Nelle trattorie, in genere, hai gli spinaci surgelati, le patate e l’insalata. Lavorando nei ristoranti e stando a contatto con i colleghi ho potuto constatare che c’è una grandissima richiesta, soprattutto da parte del pubblico femminile, di frutta e verdure fresche di stagione, cucinate in modi diversi, interessanti e curiosi. Chi è riuscito a cambiare le carte in tavola ha avuto successo, ha tolto dal menu dei piatti costosi e d’origine animale e ne ha introdotti altri più genuini, più economici, locali e stagionali. Alla fine non si tratta solo di mettere più verdura nel menu ma, anche qui, di creare una mentalità differente che poi, se guardiamo bene, si ricollega alla secolare tradizione contadina italiana.
Ecco, dunque, l’importanza della riscoperta. Non è più tempo di modernismo, di novità a tutti i costi ma di riscoperta, di esplorazione ed evoluzione possibile del passato. Ad esempio, una cosa che faccio molto e che piace sempre tanto sono le verdure con le salse destinate alla pasta. Noi italiani le salse le mettiamo sulla pasta ma non abbiamo pensato, invece, di metterle nelle verdure che è una soluzione che trovo molto fertile. Ecco quindi i finocchi alla puttanesca oppure i fagiolini alla carbonara. Sono, in fondo, i piatti della nonna, tecniche semplicissime ma vanno reinventate».
Ma chi è veramente l’oste?
«L’oste – afferma Tommaso Melilli – entrando più nel merito del suo libro – è la figura di frontiera tra la sala e la cucina, è la persona che accoglie i clienti ma può essere anche quella che sta dietro in cucina. È colui che presenta il menu e ti mette a tuo agio. Fare i conti con l’oste significa fare i conti con questo mestiere, con questa professione, con questo mondo lavorativo ma anche con il tessuto culturale che c’è dietro che poi, per poterne parlare con cognizione di causa, va verificato sul campo. Ma significa anche fare i conti con me stesso, con le mie origini (Tommaso Melilli è nato a Cremona), sul fatto che sono un “expat” che è andato via dall’Italia a 19 anni e che poi è tornato perché si sentiva più adulto, più grande, con più forza per cercare di cambiare delle cose che a 20 anni avrei solo subito. Ci sono riuscito? Ci riuscirò? Almeno c’ho provato!» In ogni caso, prima o poi, bisogna sempre fare i conti con l’oste!