Poco dopo l’inizio della pandemia, da maggio 2020 si sono registrati in Québec 43 decessi di donne e bambini associati alla violenza coniugale. Sebbene il covid possa aver contribuito, le ragioni alla base di questa violenza sono sempre esistite e sono strettamente legate a questioni di disuguaglianza nelle relazioni intime tra uomini e donne. Due terzi delle donne uccise avevano un’età compresa tra i 20 e i 44 anni. Giovani donne, dove gli autori delle violenze erano a loro volta giovani uomini; ciò significa che questo ciclo, purtroppo, non è scomparso e si riproduce continuamente.
Qual è la ragione di questa violenza e cosa possiamo fare per proteggere i diritti delle vittime?
Dall’inizio del XX secolo fino alla fine della seconda guerra mondiale, l’ottica utilizzata è stata quella dei diritti umani, consolidata dalla Convenzione delle Nazioni Unite sui diritti umani firmata nel 1948. Dal 1955 al 1983, il movimento per i diritti delle donne ha cercato di proteggerle istituendo leggi e trattati specifici; uno di questi è stata la firma della Convenzione delle Nazioni Unite sull’eliminazione della discriminazione delle donne nel 1979, che ha risposto alla necessità dell’uguaglianza tra uomini e donne in ogni aspetto della società.
A quasi 44 anni di distanza, tali violenze sono ancora rivolte contro le donne in tutte le parti del mondo. Attualmente, le soldate armene vengono mutilate in un continuo conflitto di confine con l’Azerbaigian, le donne in Iran vengono trucidate per le loro libertà fondamentali e le vittime della guerra in Ucraina vengono stuprate.
Nonostante le convenzioni e i trattati internazionali, le violenze esercitate contro le donne e le ragazze in tempo di guerra, nella società e tra le mura domestiche, colpiscono il 30% delle donne a livello globale, come riportato dall’OMS.
In Canada gli omicidi di donne indigene e di altre donne, per lo più ad opera dei loro attuali o ex partner, si verificano con crescente regolarità. Molto spesso vengono etichettati come tragedie e drammi, mentre in realtà si tratta di casi di violenza coniugale e omicidio. Così facendo, la violenza viene in qualche modo minimizzata.
Perché questo tipo di violenza non è stato fermato?
Le ragioni principali sono tre: l’accessibilità universale ai servizi, una legislazione efficace e una prevenzione continua.
In primo luogo, i servizi esistono ma il relativo accesso non è uguale per tutti, e per le popolazioni vulnerabili, i nuovi arrivati e coloro che non conoscono il sistema, che presentano barriere linguistiche, che hanno limitazioni fisiche o di altro tipo o che non vivono nelle immediate vicinanze della polizia o delle risorse, il loro accesso è limitato. La procedura legale è ancora lunga e costosa, rendendo questo ricorso estremamente difficile per tutti. Non esiste una legge generale sulla violenza coniugale che includa una definizione più ampia di controllo coercitivo in tutte le sue forme, con una legislazione generale che fornisca un codice di riferimento per i casi di violenza coniugale, prima, durante e dopo il procedimento e mentre la violenza è ancora in corso.
Per quanto riguarda la prevenzione, sono necessarie campagne di sensibilizzazione continue, che rappresentino e si adattino alla realtà della nostra società, che coinvolgano le persone a prendere posizione. Dobbiamo anche fare di più per definire i modelli e la prevedibilità di questa violenza.
Tutto ciò è dovuto al fatto che la maggior parte delle donne non parla della propria situazione per la paura e lo stigma che ne deriva. Essere etichettate come vittime non solo è ritenuto vergognoso da molti, ma si teme anche di non essere credute. La violenza domestica viene perciò sottovalutata e minimizzata: secondo Statistics Canada, solo una vittima su tre arriva a denunciare.
Forse la nostra prospettiva dovrebbe essere diversa. Nonostante le proteste pubbliche dopo gli omicidi e il movimento Me Too, la disuguaglianza di genere è ancora evidente in tutti gli ambiti politici, sociali e aziendali. L’ambito coniugale è il luogo più pericoloso per questa disuguaglianza.
Dobbiamo, come società, tornare a capire che la violenza sulle donne è una violazione dei diritti umani. Come disse Hillary Clinton nel suo discorso del 1993 alle Nazioni Unite: ”I diritti delle donne sono diritti umani”.
Classificare questo tipo di violenza all’interno di un quadro di diritti umani e associarla a tutte le riforme menzionate in precedenza, potrebbe indurre le donne a parlarne con più facilità e per la società potrebbe essere più semplice sostenerle.
Se la violenza contro le donne venisse affrontata in modo adeguato, l’uguaglianza potrebbe subito seguire.
LoScudo di Atena/Le Bouclier d’Athéna
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