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15:37pm2 Ottobre 2018 | mise à jour le: 2 Ottobre 2018 à 15:37pmReading time: 5 minutes

Proteggere la cultura: missione possibile!

Intervista al Generale dei carabinieri Fabrizio Parrulli, comandante del Nucelo TPC

Il Generale dei carabinieri Fabrizio Parrulli, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale

Foto f_intravaia

Già presente e diffusa in molti campi, la collaborazione tra l’Italia e il Canada si arricchisce sempre di più anche dal punto di vista culturale.

Ne è un esempio la visita del Generale dei carabinieri Fabrizio Parrulli, comandante del Nucleo Tutela Patrimonio Culturale (TPC), che il 25 settembre scorso ha tenuto, al Museo Pointe-à Callière di Montréal e, in seguito, in altre città del Canada, una conferenza per far conoscere le attività del Nucleo nel campo della protezione di beni culturali in Italia e nel mondo.

Nel 2015, infatti, su impulso dell’UNESCO, l’Italia ha creato la “Task Force Unite4Heritage” (TFU4H), un gruppo di pronto intervento, dislocabile rapidamente nelle aree di crisi, formato da personale dei carabinieri specializzato nel settore e da esperti del Ministero dei Beni culturali, con il compito di aiutare le autorità locali a proteggere i beni culturali in pericolo.

Il ciclo di conferenze è stato organizzato con il sostegno dell’Ambasciata italiana in Canada e delll’Istituto Italiano di Cultura di Montréal proprio per sensibilizzare l’opinione pubblica canadese sulla necessità e l’importanza della tutela del patrimonio culturale.

 

Generale, qual è il rapporto con il Canada?

«Ottimo dal punto di vista della cooperazione con le varie forze di polizia canadese. Spesso le mettiamo al corrente, anche grazie agli strumenti di cui disponiamo tra cui la banca dati “Leonardo”, di aver trovato le tracce di opere rubate sul loro territorio poi  esposte o messe in vendita altrove. Collaboriamo affinché queste opere siano recuperate ed eventualmente rimpatriate».

 

Qual è il “modus operandi” del Nucleo TPC?

«La prima cosa è l’attività classica di polizia: prevenzione e repressione. Svolgiamo quindi delle indagini, a vari livelli, nel settore delle opere d’arte. Lo facciamo tramite il nostro personale, circa 300 carabinieri dislocati in varie sezioni in Italia. I nostri uomini, oltre ad avere una grande passione per il loro lavoro, possiedono delle altissime competenze tecniche. Tra il mio personale ci sono archeologi, storici dell’arte, esperti in catalogazione e informatici che svolgono l’attività quotidiana di monitoraggio delle vendite di opere d’arte che avvengono tramite le piattaforme informatiche, “l’e-commerce”, attraverso le quali, spesso, transitano somme importanti».

 

Cos’è “Leonardo?”

«È la banca dati dei beni culturali illecitamente sottratti; è il più “popolato” data-base al mondo, relativamente alle informazioni sulle opere d’arte da ricercare. Vi sono repertoriate oltre un milione e duecentomila opere, non soltanto italiane, perché riceviamo, e inseriamo, segnalazioni su opere rubate da ogni parte del mondo. Sono più di 6 milioni le informazioni presenti all’interno di questo contenitore che ci consentono di fare un’analisi specifica del settore criminale e di tracciare le “strade” dove vanno a finire le opere d’arte una volta portate via dai loro paesi d’origine».

 

E dove vanno a finire?

Da sin.: Il Console generale d’Italia a Montréal Marco Riccardo Rusconi; ill direttore dell’IIC di Montréal Francesco D’Arelli; la capo-archeologa del Museo Pointe-à-Callière Louise Poithier, il Generale Parrulli e il tenente Colonello dei Carabinieri Giorgio Tommaseo, addetto politico presso l’Ambasciata d’Italia a Ottawa

Foto f_intravaia

«A causa della quantità d’opere d’arte che l’Italia possiede, sono molte, purtroppo, le opere che vengono “esportate” illegalmente. La maggior parte finiscono nei paesi che possono permettersi di spendere soldi per oggetti che non sono considerati di prima necessità. Prendono la strada di nazioni che hanno una certa disponibilità economica come quella del Nord Europa o del Nord America, mercati molto interessati ai “nostri” beni culturali.

Gli oggetti spesso finiscono nelle case di facoltosi privati che li acquistano sul mercato che loro pensano lecito. Ma prima di arrivare sul mercato lecito gli oggetti subiscono una “ripulitura” da parte delle organizzazioni criminali, con tanto di documentazione falsa di accompagnamento che li fa apparire leciti a chi li acquista».

 

Cosa succede quando vi arriva una segnalazione di furto?

«Inseriamo all’interno della nostra banca dati tutte le informazioni possibili sull’oggetto in questione. Poi attiviamo le attività d’indagine, anche quelle più sofisticate. Ad esempio, da un semplice furto avvenuto un anno e mezzo fa all’interno di una chiesetta sperduta in provincia di Campobasso, grazie anche alle segnalazioni di alcune persone che avevano rilevato nei paraggi i movimenti sospetti di una macchina, siamo riusciti ad individuare un’organizzazione criminale che operava rubando all’interno di chiese soprattuttto dell’Italia centrale e meridionale, per rivendere gli oggetti ad un ricettatore che poi li immetteva sul mercato. Il terminale era una persona che collezionava di tutto. Quando siamo entrati nella sua casa abbiamo trovato oggetti rubati di ogni genere, che avevamo già repertoriato, tra cui anche opere provenienti da alcune chiese chiuse al culto a causa del terremoto del 2009 a L’Aquila. Alcune di queste opere venivano rivendute ad eleganti “bed & breakfast” o case per turisti pubblicizzate come luoghi dove “poter dormire sotto un quadro del 1400!”».

 

Come siete intervenuti in occasione del terremoto del 2016 nell’Italia centrale?

«Prima di tutto abbiamo dato una mano ai colleghi impegnati nelle operazioni di soccorso della popolazione; poi abbiamo fatto il quadro della situazione relativamente ai danni arrecati al patrimonio culturale.

Abbiamo immediatamente reso pubbliche le immagini, diffondendole anche attraverso Ambasciate e Istituti di Cultura sparsi nel mondo per iniziare a stimolare una qualche forma di sostegno sia da parte dei singoli che da parte delle comunità italiane legate in qualche modo ai luoghi colpiti dal terremoto. Grazie anche ai fondi raccolti siamo intervenuti, insieme al Ministero dei Beni Culturali, per procedere a interventi di restauro e di messa in sicurezza delle opere d’arte. Abbiamo individuato dei luoghi sicuri dove trasportare, catalogare e conservare le opere in modo da poterle eventualmente restituire al momento opportuno. Spesso, è proprio a causa di circostanze del genere che molte opere spariscono e poi riappaiono improvvisamente sul mercato».

 

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