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19:42pm22 Gennaio 2020 | mise à jour le: 22 Gennaio 2020 à 19:42pmReading time: 6 minutes

Per capire l’Italia e il suo funzionamento politico

Per capire l’Italia e il suo funzionamento politico
Photo: Foto F. IntravaiaIl professor Jean-Guy Prévost insegna presso la facoltà di Scienze Politiche all’UQAM

Conferenza, il 28 gennaio, all’UQAM del professor Jean-Guy Prévost

“Populismo, politica e corruzione nell’Italia contemporanea”. È il titolo della conferenza che il professor Jean-Guy Prévost, titolare del Dipartimento di Scienze Politiche dell’UQAM (Université du Québec à Montréal) terrà martedì 28 gennaio, alle ore 18:00 (in francese), nell’ambito del ciclo di conferenze denominate “Le monde aujourd’hui”.

 

«Sarà una conferenza – afferma il prof. Prévost, autore di diversi studi e pubblicazioni sulla politica e la statistica italiana – in cui partendo dalla presentazione della storia italiana e del suo funzionamento politico ad iniziare dal dopoguerra, presenterà alcuni elementi significativi degli ultimi decenni sulla scena politica del Bel Paese per comprenderne meglio i suoi meccanismi».

 

Nel titolo della conferenza ci sono le parole politica e corruzione, un binomio “inscindibile?”

«Se parliamo di corruzione – afferma – la percezione è che sia generalizzata. Un’idea saldamente ancorata nell’opinione pubblica italiana. Se confrontiamo, invece, i dati messi insieme da “Transparency International” (organismo la cui missione consiste nel prevenire e contrastare la corruzione in ogni settore e ambito, n.d.r.), vediamo che l’Italia si trova in una posizione media, ben lontana dal tasso di corruzione che caratterizza paesi come la Cina o la Russia.

Ma cosa si intende veramente per corruzione in Italia? Ci sono alcuni avvenimenti degli ultimi 25-30 anni che, a mio avviso, sono importanti da analizzari. Il primo – sostiene – è quello dei “marchés publics”. È la corruzione iniziata dai partiti politici che chiedevano soldi agli imprenditori per poter accedere agli appalti pubblici. Questi soldi servivano a finanziare le campagne elettorali dei grandi partiti e a creare un sistema clientelare. Ma ad un certo punto “l’appetito” dei politici ha superato il limite di tolleranza ed ha finito per ritorcersi contro gli stessi visto che gli imprenditori hanno iniziato a denunciare il sistema (Tangentopoli). La conseguenza è stata il crollo del sistema dei partiti tradizionali (DC e PSI) la fine della cosiddetta “Prima Repubblica” e l’inizio della “Seconda Repubblica”, con l’avvento di nuove figure, come Berlusconi, e di nuove formazioni politiche come Forza Italia».

 

La mafia

«Il secondo elemento è la presenza della mafia. I partiti politici hanno incontrato e sono venuti a patti con i mafiosi. Voti in cambio della “chiusura di un’occhio” sui traffici illegali. Ma sulla spinta dell’opinione pubblica, degli omicidi dei giudici Falcone e Borsellino avvenuti nel 1992, e di altri gravi fatti di sangue, lo Stato ha messo in campo molte più risorse per contrastare la mafia. Per esempio, dal 1993 al 2013 la Direzione antimafia ha emesso 10.000 mandati d’arresto. Gli omicidi mafiosi in 20 anni, dal 1991 al 2011 sono diminuiti del 97%. Diversi politici e giudici sono stati messi sotto inchiesta e condannati.

Terzo elemento da considerare, oltre a quello dei privilegi dei politici, definiti da un libro di Gian Antonio Stella “La casta”, è, con l’avvento di Berlusconi, la questione del conflitto di interessi, un problema che comunque non è solo italiano. Berlusconi, politico e imprenditore allo stesso tempo, è tra gli uomini più ricchi d’Italia, capace di influenzare, attraverso le sue proprietà, l’opinione pubblica e non solo. Questo aspetto, in realtà, non è stato ancora risolto».

 

E il populismo?

«È un soggetto – spiega – assai complesso. Non ci si intende bene sulla sua esatta definizione. A volte ci si chiede se vale la pena utilizzarlo. In Italia il termine è stato associato alla “Seconda Repubblica” e al periodo di governo di Berlusconi. Non ne do una connotazione troppo negativa. Berlusconi ha fatto alcune cose che comunque hanno avuto un effetto strutturante sul modo di fare politica. Ad esempio ha parlato agli italiani in un modo diverso rispetto alla maggior parte dei politici precedenti, in un modo più chiaro e diretto, tutto il contrario del “politichese” e della cosiddetta “langue de bois”. Poi c’è stato il “contratto con gli italiani”, un documento in cui Berlusconi si impegnava, in vista delle elezioni del 2001, ad attuare delle riforme in 5 punti chiari. Una formula che è stata ripresa anche in altri paesi e più recentemente dal M5S.

Un ulteriore elemento è quello del partito personale, un partito dominato da una figura individuale piuttosto che da un’oligarchia. Precedentemente i partiti in Italia erano guidati da gruppi dirigenti. Quello di Berlusconi, invece, è stato un “non partito”, in quanto tale più facile da dirigere perché meno soggetto a correnti e a compromessi. Su questa scia, ad esempio, si è formato recentemente Italia Viva” di Matteo Renzi, ex segretario del Pd».

 

M5S, Lega, Conte I, Conte II, cambi di alleanze, “laboratorio” politico o un compromesso continuo?

«Sulla scia di tutti questi cambiamenti – afferma – sono emersi sulla scena nuovi soggetti politici come la Lega Nord, nata tra la fine degli anni ’80 e l’inizio degli anni ’90. Alla fine del 2017 la parola “Nord” è scomparsa dal simbolo del partito per la volontà di riflettere un’identità meno territoriale e più nazionale.

L’altro soggetto importante è il M5S, fondato ufficialmente da Beppe Grillo nell’ottobre del 2009, un movimento dichiaratosi né di destra, né di sinistra, capace di coaugulare tutte quelle forze ostili e contrarie al vecchio sistema dei partiti e al vecchio modo di fare politica. Il risultato delle ultime elezioni del 2018 ha visto emergere da una parte il Centrodestra, all’interno del quale la Lega ha avuto l’egemonia ai danni di Forza Italia, e dall’altra il M5S, portando, dopo estenuanti trattative e nell’impossibilità di formare coalizioni più omogenee, alla formazione di un governo un po’ “bizzarro”, con un programma che aveva solo alcuni punti in comune, una specie di triangolo in cui i vertici bassi erano il leader del M5S Luigi Di Maio e il leader della Lega Matteo Salvini (entrambi vice primi ministri), e il vertice alto, il Presidente del Consiglio Giuseppe Conte, chiamato più che altro a fare da “arbitro”, da “notaio” tra le due forze.

Il triangolo è stato forzato dal leader della Lega Salvini che avvertendo la possibilità, attraverso nuove elezioni, di conquistare l’intera posta, ha fatto cadere il governo.

Il timore del M5S e del Pd di andare a nuove elezioni ha fatto sì che il triangolo si ricomponesse ma su basi diverse. Il Pd ha preso il posto della Lega passata all’opposizione mentre il vertice alto, Giuseppe Conte, è rimasto lo stesso ma questa volta, per assicurarne una maggiore solidità, la figura e i poteri del Premier si sono rafforzati potendo contare su un maggior margine di autonomia rispetto alla precedente situazione».

 

Conclusioni

«Al termine dell’excursus – conclude il professor Jean-Guy Prévost – possiamo trarre alcune conclusioni sulla storia dell’Italia recente: quella italiana è una democrazia “resiliente” che ha sempre tenuto nonostante i tanti problemi attraversati. C’è stata, comunque, un’alternanza al potere. La classe politica ha avuto la capacità di rinnovarsi forse, anche troppo. Il problema di fondo rimane l’instabilità politica; i governi cambiano in continuazione, così come le loro priorità. L’elaborazione e la messa in opera di politiche e riforme sono operazioni che richiedono tempo. Quando i governi cambiano i progetti decadono e bisogna ricominciare da capo».

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