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19:57pm4 Maggio 2021 | mise à jour le: 4 Maggio 2021 à 19:57pmReading time: 6 minutes

Le donne dell’internamento, vittime di delazione oppure Donne del Fascio?

Le donne dell’internamento, vittime di delazione oppure Donne del Fascio?
Photo: Foto cortesiaMaschera Simultanea dell’artista futurista Regina Cassolo Bracchi, 1939

Di Margherita M. Morsella, avvocata

morsellamargherita@gmail.com

 

 Nel corso del 1940 oltre 600 italiani furono detenuti dal governo canadese nell’interesse della sicurezza nazionale basandosi sul “War Measures Act” e “The Defense of Canada Regulations”. Queste misure permisero di sospendere l’habeas corpus (diritto dell’arrestato di conoscere la causa del suo arresto, avere un avvocato ed evitare una detenzione senza concreti elementi di accusa), di revocare diritti fondamentali, di sequestrare proprietà e di arrestare quelli sospettati di essere una minaccia per la sicurezza del Canada.

All’epoca oltre 31.000 Canadesi d’origine italiana su 150.000 furono designati come “enemy aliens”. Tra essi oltre 600 (60% dal Québec, 30% dall’Ontario, l’altro 10% da altri luoghi) furono arrestati e detenuti in maggioranza nel campo di Petawawa per gli uomini e nel Penitenziario Femminile di Kingston per le

donne. *

 

Ma chi erano le donne dell’internamento?

Fin qui si è parlato poco della loro presenza e del loro ruolo e pochi sono gli studi che se ne occupano.

Mi sono interessata al tema soprattutto quando ho visto l’opera dell’artista Faustina Bilotta all’esposizione Montréal à l’Italienne. In effetti l’artista ha composto un’opera, “Le Scuse Dimenticate” con l’elenco degli internati ed in basso al pannello centrale della sua opera ed in carattere molto minuto i nomi di tredici donne.

In effetti, non furono tredici donne ad essere internate ma solo quattro le detenute al Penitenziario femminile  “Internment Quarters” di Kingston, in Ontario. Le quattro donne furono <@Rb>Maria Egida Fontanella (Toronto), Luisa Guagneli (Niagara Falls), Verna Lo Bosco (Welland) e Maria Pressello (Windsor). Maria Egidia Fontanella e Verna Lo Bosco erano nubili. Tutte avevano un loro parente internato. Solo tre erano attivamente implicate nel Fascio Femminile del territorio di residenza.

Tra di esse Maria Pressello, casalinga e vedova di 53 anni, denunciata da un vicino di casa, fu detenuta dal 14 giugno 1940 al 14 giugno 1941, senza che ci fosse alcuna prova di una sua appartenenza al Fascio Femminile né che avesse mai fatto dichiarazioni pro-fasciste. Chiese di non essere reclusa con le altre internate, incluse le italiane, e fu quella che rimase più a lungo nel penitenziario nonostante avesse dichiarato la sua assoluta estraneità alle accuse. Chi si prese cura dei suoi figli? Cosa successe ai suoi beni? Come si organizzò dopo il rilascio? Esistono ancora i suoi discendenti? Sono tutte domande che meriterebbero le scuse per il suo internamento e per il lungo oblìo nelle ricerche e nella narrazione storica su questi eventi.

Il ruolo delle donne durante l’internamento è ancora poco noto

Dieci altre donne furono fermate, interrogate dalla RCMP, ammonite, ma poi rilasciate. Erano: Francesca Olivieri (Hamilton), Etelvina Frediani, Filomena Riccio, Maria Spaziani, di Toronto, Rosa Spinelli (Lachine), Dr. Laura D’Anna (che diventò informatrice per la RCMP), Giuseppina Di Ioia, Carmela Frascarelli, Fosca Guibilei, Antonietta Mancuso, quest’ultime di Montreal.

 

Il Fascio Femminile

In Italia ed altrove le Donne del Fascio Femminile erano responsabili dell’insegnamento della lingua italiana, della promozione dell’ideologia fascista, della raccolta fondi, divulgatrici della letteratura del partito fascista, confezionatrici delle uniformi del partito, distributrici di quanto raccolto a giovani, poveri, anziani o infermi.

A Montréal, c’erano sei logge del Fascio Femminile e le donne potevano anche far parte del Dopolavoro e dell’Ordine dei Figli D’Italia. Nella città di Toronto oltre 200 donne erano membri del Dopolavoro Femminile, assistevano le donne in gravidanza, aiutavano nelle scuole e raccoglievano fondi per la Casa D’Italia.

Il governo canadese annunciò che avrebbe internato solamente le dirigenti del Fascio Femminile; nel 1939 la RCMP precisò che non avrebbero internato le donne aderenti all’Ordine dei Figli d’Italia e ad altre organizzazioni se non fossero membri del Fascio Femminile.

In tutto il Canada ventuno donne furono arrestate e internate: dodici tedesche, una austriaca, tre belghe, quattro italiane, una canadese. Delle quattro d’origine italiana, una era nata in Canada, due erano residenti a lungo termine, una senza cittadinanza determinata.

 

Chi erano

Tra le dieci donne fermate, interrogate, avvisate e rilasciate, molte erano dirigenti del Fascio Femminile, ma non furono internate come tali. In particolare Mancuso era considerata una delle più attive del Fascio Femminile di Montral. Spinelli era la fiduciaria del Fascio Femminile di Lachine, molto impegnata nella divulgazione della propaganda fascista. Frascarelli risultava molto occupata nella realizzazione della causa fascista, assumendo posti di dirigente nel Fascio Femminile di Montréal come fiduciaria dal 1936, nell’Ordine dei Figli d’Italia; era anche la “Venerabile” della loggia Anita Garibaldi mentre gli agenti segreti 203 e 17 riferirono che era senz’altro una sostenitrice del Fascismo.

Giubilei era molto attiva nel Fascio Femminile di cui fu la fiduciaria per Ville-Emard oltre che esserlo per il Fronte Morale Italiano; tra l’altro, gli agenti segreti 203 e 17 riportarono le sue attività e raccomandarono il suo internamento, ma la RCMP non agì di conseguenza e dunque rimase in libertà.

La dott ssa D’Anna, organizzò il Fascio Femminile di Montréal nel 1934, fu Fiduciaria di quattro sezioni del Fascio Femminile. Molto attiva con l’Ordine dei Figli d’Italia e col Dopolavoro, membro del Fronte Morale Italiano. Dal dicembre 1940 al maggio 1941 fu agente informatore per la RCMP, per aiutare a far liberare il suo marito, Dottor Antonio D’Anna. Le altre venivano dall’Ontario ed erano anch’esse molto implicate nella direzione dei vari Fasci Femminili eppure non furono internate.

Secondo i limitati studi sulla questione diversi fattori influenzarono i criteri di scelta sull’internamento. Sembra che le donne fossero state internate a caso per motivi politici, morali o etnici senza che in realtà rappresentassero davvero un pericolo di sicurezza per lo stato canadese.

Le scuse più o meno ufficiali

Nel 1990 il Primo Ministro Brian Mulroney si scusò per l’internamento degli italiani durante una riunione del Congresso Nazionale degli Italo-Canadesi a Toronto.

Nel 2009 il parlamentare Massimo Pacetti, presentò un progetto di legge per far riconoscere tale ingiustizia nei confronti degli italiani internati e per richiedere dei risarcimenti (2.5 milioni); la sua iniziativa fu accettata dalla House of Commons nel 2010 ma bocciata dagli altri enti dello stato.

I giapponesi, senza numerose associazioni né parlamentari d’origine giapponese, ottennero, nel 1988, 21,000 $ di risarcimento per ciascun sopravvissuto, 12 milioni $ per la comunità giapponese più un ulteriore fondo di 24 milioni per creare una Fondazione.

Il Primo ministro Justin Trudeau ha annunciato che il governo canadese, sulla questione dell’internamento degli Italiani in Canada, presenterà le scuse formali in Parlamento in questo mese di maggio, senza precisare la data.

 

*Fonti consultate e citate

 – From Indifference to Internment: An Examination of RCMP responses to Nazism and Fascism in Canada from 1934 to 1941, di Michelle McBride, tesi di laurea Masters  Dipartimento di Storia, Memorial University of Newfoundland, Maggio 1997; pagine 231 & ss.

– Enemies Within: Italian & other Internees in Canada & Abroad, autori Franca Iacovetta, Roberto Perrin, Angelo Principe University Press of Toronto 2000.

 – The Curious case of Female Internees, Michelle McBride; pagine 148-170; Memories of WWII.

 – Italian Canadians as Enemy Aliens, Female Internees.

 

 

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