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15:04pm17 Agosto 2021 | mise à jour le: 17 Agosto 2021 à 15:12pmReading time: 6 minutes

Quando il business si tinge d’azzurro!

Quando il business si tinge d’azzurro!
Photo: Foto Fabrizio IntravaiaDino Morgante con la maglietta dedicata al passaggio di consegne tra Buffon e Donnarumma e gli altri gadget

Dino Morgante, fra tricolori, berretti e magliette dell’Italia campione d’Europa

 

A Rivière des Prairies è ormai un’istituzione. Chi abita da quelle parti lo avrà sicuramente incontrato soprattutto durante i recenti campionati europei di calcio che l’Italia ha vinto battendo in finale l’Inghilterra.

Stiamo parlando di Dino Morgante che qualcuno potrebbe definire come un semplice venditore ambulante di “gadget” e accessori dell’Italia calcistica ma che in realtà è qualcosa di più, perché dietro al tricolore o alla maglietta non ci sono solo i soldi ma anche il sentimento e l’orgoglio di fare felici le persone, sia pure per il tempo di un campionato europeo.

Dino, quasi sessantenne, è nato a Montréal da genitori originari di Termini Imerese (in provincia di Palermo).

«Ho fatto la “scuola della vita” – spiega – dove ogni giorno si impara qualcosa, anche a 100 anni se ci si arriva, ed ho iniziato a fare questo “mestiere”, ma preferisco chiamarla “attività”, nel 1992. Come?

In quel periodo – racconta – vendevo vestiti. Un giorno, passeggiando sul boulevard Saint-Laurent mi sono imbattuto nel negozio “Calcio I” della famiglia Vellone. Vellone mi disse: “Se hai finito di vendere i tuoi articoli perché non prendi un po’ di bandiere e vai in giro per venderle? Potresti fare dei soldi!”

Mi ricordo che l’Italia aveva vinto alcune partite, la gente circolava suonando il clacson. Allora presi la mia macchina, le bandiere e cominciai a percorrere diverse strade fino ad arrivare a Rivière-des-Prairies. Mi fermai esattamente all’angolo tra boulevard Maurice Duplessis e la 27ma avenue, un punto di grande passaggio. C’è uno spazio con del prato, ho aperto il portabagagli della mia auto e ho iniziato a vendere le bandiere ed è stato subito un successo! Da quel momento – aggiunge Dino – quello spazio è diventato un po’ il mio “ufficio”, il punto dove in genere mi installo per vendere i gadget dell’Italia e questa zona di R.d.P. è diventata una specie di seconda Petite-Italie a tal punto che qualcuno dei miei amici scherzando ha detto: “Dino, perché non mettiamo in questo punto una targa per ricordare che nel 1992, hai fondato una nuova Piccola-Italia a R.d.P.?”

Scherzi a parte, questo è un punto dove quando l’Italia vince, come è successo per i campionati europei, non ci si capisce più niente, si riempie di gente e tutti vogliono un “souvenir”, una bandiera, una maglietta, un cappellino, una mascherina, un portachiavi con qualcosa di “azzurro” o di tricolore. Ed io li accontento, per una decina di dollari, si portano via un pezzo di gioia, una qualcosa per festeggiare e per sentirsi orgogliosamente italiani!

Nel periodo degli Europei, quando l’Italia non giocava ero con la mia macchina e i miei prodotti davanti al supermercato Lagoria di R.d.P, e il giorno della partita nel mio “ufficio” della 27ma avenue e Maurice-Duplessis».

 

Ma quanto materiale riesce a vendere ad ogni partita dell’Italia?

«In realtà – spiega – questo lavoro è un po’ come scommettere al casinò. C’è un po’ di rischio, legato ovviamente ai risultati. Ma bisogna buttarsi e prendere dei rischi… calcolati! Se l’Italia vince e hai preparato solo poche magliette, poi ti mordi le mani perché avresti potuto venderne molte di più. Se ne prepari tante e l’Italia non vince… ci rimani fregato!

Nel 2006, quando l’Italia vinse i Mondiali, avevo già preparato della magliette con la scritta “Italia campione del mondo!” Mi è andata bene! Ma non avevo preparato un container pieno perché se le cose non fossero andate bene mi sarebbe rimasto tutto sulle spalle. Ecco cosa intendo per rischio calcolato, almeno, in un caso o nell’altro ci rientro nelle spese!

Oggi molti ragazzi, molti giovani, vengono a vedermi perché vorrebbero vendere insieme a me i gadget che hanno ideato. Io li incoraggio, cerco di aiutarli in qualche modo perché, a parte il business, penso che questa sia una maniera di ricordarsi di questi bei momenti e soprattutto di ricordarsi della propria origine italiana e di parlare la nostra lingua».

 

Quali sono gli oggetti che vendi di più?

«Senz’altro le bandiere; il “classico” tricolore e la bandiera azzurra con lo stemma della Nazionale. Poi ci sono le magliette. Per l’Europeo ne ho studiata una tutta speciale con l’immagine frontale dell’ex campione del mondo Gianluigi Buffon che “incorona”, di spalle, Gianluigi II (Donnarumma), l’attuale portiere della Nazionale. Poi ci sono le altre magliette con il logo dell’Italia e le t-shirt per i bambini, ce ne sono per tutti i gusti».

 

Per il campionato italiano, vendi qualcosa?

«Fino a 7-8 anni fa – risponde Dino – vendevo delle magliette e delle bandiere della Juventus, dell’Inter, delle altre squadre di Serie A ma ora non c’è più molta richiesta perché chi è interessato se le ordina direttamente su internet e poi, comunque, voglio rispettare anche quei negozi che vendono questo genere di articoli».

 

Come vedi il tuo futuro?

«L’anno prossimo i Mondiali di calcio si disputeranno in Qatar tra novembre e dicembre e vendere magliette e bandiere in inverno non è la stessa cosa che venderle in estate. Ci sto pensando! Chissà, magari avrò un mio piccolo spazio di vendita all’interno del supermercato Lagoria a R.d.P., oppure una roulotte. Preparerò qualche articolo un po’ più “invernale”, vedremo!»

 

Il mercatino a R.d.P e il tricolore sul campanile

Dino è una persona a cui piace essere sempre in movimento. Finito l’Europeo non si è messo a riposo ma ha subito organizzato, nel fine settimana del 7-8 agosto, un mercatino italiano nel parcheggio della chiesa Maria Ausiliatrice, insieme a Franco Brancati e ad altre persone: «È stato anche un modo per ridare un po’ di speranza alla gente dopo un periodo così duro. Passeggiare tra le bancarelle, invitare amici e commercianti della zona, un po’ di musica e di canzoni, un po’ d’atmosfera per non deprimersi e scoraggiarsi troppo. L’anno prossimo – promette – faremo ancora meglio!»

Infine, Dino mi fa notare il campanile della chiesa: «Durante l’Europeo ho chiesto il permesso di mettere la bandiera italiana sul campanile e quando sono salito per metterla ho rischiato di diventare sordo a causa delle campane, ma la bandiera è ancora là!», esclama con soddisfazione. Credo siano le uniche campane al mondo sulle quali sventola, fieramente, il tricolore!

 

 

 

 

 

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