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16:51pm23 Novembre 2016 | mise à jour le: 23 Novembre 2016 à 16:51pmReading time: 6 minutes

Il Corriere dei Ragazzi

IL PERSONAGGIO DEL MESE: La guerra raccontata da nonno Pasquale –  L’ANGOLO DELLA POESIA: Sui campi delle Fiandre – La storia del logo Ferrari e la Prima guerra mondiale

La guerra raccontata da nonno Pasquale

Questa è la storia del mio bisnonno, Pasquale Pacifico, nato il 9 novembre del 1919 a San Bartolomeo in Galdo, provincia di Benevento, in Italia. È stato un onore intervistarlo e un’esperienza scoprire una parte della sua vita così difficile che resterà per sempre nella mia memoria.

Nonno, quanti anni avevi quando è iniziata la guerra?

Sono partito da casa per cominciare la mia vita da militare il 28 febbraio 1940, avevo 20 anni.

Dove vivevi?

I primi tempi mi hanno mandato ai confini con la Jugoslavia in montagna, con il 56mo Reggimento dell’Artiglieria.

Con chi vivevi?

I primi mesi eravamo tutti insieme noi soldati dello stesso reggimento e tutto era tranquillo, eravamo circa 300 soldati, ma dopo il governo ha richiamato altre classi. Sono arrivati allora da tutte le parti. Il nostro gruppo era formato da 3 batterie, 7mo, 8vo e 9no, con i nuovi soldati eravamo 1200. Non c’era posto  nelle camere, dormivamo per terra.

Cosa ti ha spaventato di più nonno?

Una volta scoppiata la guerra il 10 giugno, nella caserma tutti dicevano che dovevamo andare a combattere in Russia, ero molto preoccupato. Un giorno incontrai il mio comandante, e gli chiesi se era vero. Il comandante mi disse che era vero, ma che eravamo destinati in Albania a combattere contro la Grecia. In quella stessa giornata siamo partiti per Bari, la nave era pronta, e una volta partiti, dopo 14 ore siamo arrivati a Durazzo in Albania.

Nonno, qual è la cosa che ti ricordi di più e perché?

Il giorno 8 settembre del 1943 sono arrivati i Tedeschi. I nostri ufficiali ci dicevano che aspettavano notizie da Roma per capire cosa fare. Ma intanto la situazione diventava complicata, Mussolini veniva ucciso, Vittorio Emanuele fu mandato in esilio, praticamente in Italia non si sapeva più chi fosse al comando.

Quali sono i ricordi più tristi e quelli più felici?

Una notte sono arrivati i soldati tedeschi armati ordinandoci di consegnare le nostre armi. “Siete nostri prigionieri ” ci hanno detto. Dopo averci messi tutti in riga ci hanno fatto andare su una strada ordinandoci di seguire il sentiero. Dopo 3 giorni di cammino tra i boschi e strade infangate siamo arrivati ad una stazione dove c’era un treno ad aspettarci. Ci hanno diviso in due gruppi, in un vagone i soldati feriti e malati, nell’altro quelli sani. Io sono salito sul vagone dei soldati malati, perché avevo preso una brutta malattia, la malaria.

Siamo partiti, abbiamo lasciato la Grecia e abbiamo attraversato la Macedonia. Quando siamo arrivati in Austria hanno staccato i due vagoni, tutti gli altri sono partiti per la Germania e non li abbiamo più visti. A noi ci hanno portato nel campo di concentramento di “Casis Steinbruch” in Austria e lì ho trascorso due anni di maltrattamenti senza avere mai notizie della mia famiglia in Italia.

Nonno, è stato difficile riprendere la vita normale dopo la guerra?

Molto difficile, ho ricominciato la mia vita normale dopo 6 anni . Il 21 aprile abbiamo vinto contro la Grecia, però il nostro gruppo è rimasto lì per altri 31 mesi a causa dei ribelli, abbiamo fatto un presidio, che serviva a mantenere l’ordine.

Nonno cosa facevi durante la guerra?

Io ero un trombettiere ma in guerra non si usava la tromba, ma solo i fucili. Io facevo il porta ordini, prendevo ordini dai superiori e li comunicavo alla batteria.

Nonno, hai combattuto in qualche battaglia?

Si, ho combattuto contro la Grecia e l’Albania.

Hai qualche cosa con te che ti ricorda la guerra?

Ho le mie medaglie, la Croce di guerra.

Nonno, cosa pensi della guerra?

Che non dovrebbe esistere più.

 

Tania Primiani 601

 

 

 

 

Sui campi delle Fiandre

 

Sui campi delle Fiandre è una poesia che conosciamo bene in inglese, ma averla studiata in italiano ci ha permesso di emozionarci in un’altra lingua. Questa poesia ci permette di ricordare tutti i soldati che hanno combattuto per noi e sono morti, e ci permette di essere felici di vivere in un Paese dove c’è la pace.

 

Sui campi delle Fiandre sbocciano i papaveri 

in mezzo a tante croci, che, in lunghe file uguali, 

segnano il nostro posto, una per ciascuno. 

Nel cielo ancora volano le allodole cantando, 

ma il rombo dei cannoni confonde quella voce.

Noi siamo i morti uccisi dalla guerra. 

Non molti giorni fa eravamo vivi: 

ci sorrideva l’alba 

ed il tramonto ci affascinava con i suoi colori, 

noi amavamo ed eravamo amati. 

Ed, ecco, riposiamo sui campi delle Fiandre.

Proseguite voi la nostra lotta contro il nemico per la libertà. 

Le nostre mani cadono, ma a voi la torcia passano 

degli ideali eterni d’ogni uomo. 

Siano le vostre mani ormai a tenerla in alto. 

Se non ricorderete perché noi siamo morti, 

più non avremo pace né riposo, 

pur se nei campi aperti delle Fiandre 

seguiteranno a crescere i papaveri.

 

John McCrae 3 maggio 1915

 

 

“La storia siamo noi nessuno si senta escluso…lascia il tuo segno e pensa al futuro”.

 

Erica Iacobelli 601 (a destra nella foto) e Julia Filacchione 601

 

La storia del logo Ferrari e la Prima guerra mondiale

 

Tutti quelli che amano le macchine da corsa, conoscono il logo Ferrari, ma non tutti sanno la storia del “cavallino rampante” simbolo della Ferrari. Noi ragazzi non conoscevamo le origini del logo, e ci ha incuriosito molto e vogliamo raccontarla a voi. Il cavallo era il simbolo del conte Francesco Baracca, un vero campione dell’Aeronautica Militare Italiana durante la Prima Guerra Mondiale. Lui lo aveva dipinto sui suoi aerei. Baracca  nella sua breve vita ha vinto 34 battaglie e ha ricevuto tante medaglie. Muore però molto giovane il 19 giugno 1918, abbattuto da un aereo nemico.

Baracca aveva dipinto il  cavallino rampante sui suoi aerei perché la sua squadra, il “Battaglione Aviatori”, era parte dell’esercito di cavalleria e lui era considerato il miglior cavaliere della squadra. Nel 1926, otto anni dopo la morte di Baracca, c’è la gara del 1° circuito automobilistico del Savio (Ravenna). Vince questa gara Enzo Ferrari. La contessa Paolina de Biancoli-Baracca, mamma di Francesco, avvicinatasi al vincitore disse: “Ferrari, metta sulle sue macchine il cavallino rampante di mio figlio le porterà fortuna”. Ferrari aggiuge al cavallino nero soltanto il giallo simbolo di Modena e i colori della bandiera italiana.

 

Gianna D’Amico classe 502

 

 

 

 

 

 

 

 

 

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