Arte e spettacolo
13:41pm11 Luglio 2017 | mise à jour le: 11 Luglio 2017 à 13:41pmReading time: 5 minutes

Un immenso patrimonio artistico da preservare

Incontro con Paul Labonne, ex direttore del Museo Dufresne-Nincheri

Paul Labonne

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Paul Labonne, storico dell’arte e studioso di storia è stato, dal settembre 2007 all’inizio di questo anno, il direttore generale del Museo Dufresne-Nincheri.

Come dice il nome stesso, questo complesso museale riunisce due luoghi eccezionali della storia di Montréal: lo “Château” (all’angolo delle vie Sherbrooke e Pie IX), ovvero la residenza dei ricchi imprenditori, i fratelli Marius e Oscar Dufresne, la sola dimora signorile degli anni 1920 ad aver conservato i suoi mobili e le sue decorazioni originali, e lo Studio Nincheri, il più antico “atelier” di produzione di vetrate del Québec (1832 boul. Pie IX) luogo in cui operò Guido Nincheri considerato uno dei più importanti artisti italo-canadesi della prima metà del 900.

L’interesse di Paul Labonne per il patrimonio artistico del quartiere Hochelaga-Maisonneuve, per questo complesso museale e, in particolare, per la vasta opera di Guido Nincheri (nato a Prato nel 1885 e morto a Providence, nel Rhode Island, nel 1973) risale a 20 anni fa.  

«Nel 1998 – spiega Paul Labonne –diventai conservatore del Museo che però non era ancora associato al nome di Nincheri. In quanto responsabile anche delle esposizioni, avendo già una certa familiarità con le sue opere, organizzai, nel 2001, la prima grande retrospettiva su “Guido Nincheri, artista fiorentino in America”, che fornì un quadro più preciso della vastità della sua produzione che spazia, con la fabbricazione di vetrate per oltre 200 chiese, dal Québec al Canada, agli Stati Uniti.

I fratelli Dufresne – racconta Paul Labonne –apprezzando molto l’opera di Nincheri, gli offrirono, nel 1925, la possibilità di poter installare il suo atelier artistico al piano terra degli uffici della            “Dufrense Construction Company” e “Dufresne Engineering Company” (impresa che, tra le altre cose, prese parte alla costruzione del ponte Jacques-Cartier) che si trovavano proprio al 1832 del boulevard Pie IX. In cambio Guido avrebbe decorato, cosa che fece con soggetti di carattere profano, contrariamente al resto della sua opera, la loro residenza privata, e avrebbe ricevuto anche uno sconto di 500$ al mese sull’affitto dell’atelier. I due edifici, quindi, lo Château Dufresne, e l’atelier, sono strettamente legati tra di loro».

 

L’entrata dello Studio Nincheri

Museo Dufresne-Nincheri

Riunire le collezioni

 

«Nel 1966 la famiglia Nincheri acquistò tutto l’immobile del boul. Pie IX. Sempre in quel periodo – prosegue Paul Labonne che forse può essere considerato il maggior esperto dell’arte di Nincheri – negoziai per il Museo l’acquisizione della collezione di George Nincheri. Guido ebbe due figli: Gabriel (il padre di Roger), che gestì lo Studio Nincheri quando il padre Guido, a partire dal 1952, si trasferì a Providence, e George, che invece viveva proprio a Providence. Guido aveva separato gli archivi e le relative contabilità: il primo, quello per le vetrate, era sul boul. Pie IX, il secondo, per le pitture e le decorazioni era a Providence. Riuscii a riunire tutto a Montréal.

Nel 2005, dopo esermi assentato per un periodo, tornai al Museo Château Dufresne e nel 2007 ne diventai direttore generale.

Fu in quel periodo che facemmo uno studio di fattibilità, pagato dalla Ville de Montreal, dal Ministero della Cultura del Québec e da Patrimoine Canada, per capire se quella di creare un complesso museale che comprendesse tanto lo Château quanto lo Studio Nincheri fosse una strada percorribile.

Riuscimmo ad avere il semaforo verde per questo progetto e i relativi finanziamenti per l’acquisto dello Studio che però, a causa di un problema di testamento, non riuscimmo a portare a termine. Lo Studio, con tutto il suo prezioso patrimonio di archivi e opere d’arte, rischiava l’abbandono e così, con il permesso della famiglia, e pagando l’affitto, ci andai a vivere per 4 anni circa, dal luglio 2009 fino al dicembre 2013, data in cui il problema con il testamento venne risolto.

La “Société du Château Dufresne”, l’organismo senza fini di lucro creato nel 1998 che gestisce il Museo, poteva finalmente acquisire lo Studio con tutto il suo prezioso tesoro artistico. Nell’agosto del 2014 il Museo cambia nome e diventa ufficialmente “Dufresne-Nincheri”. Bisogna precisare  – aggiunge Paul Labonne – che legalmente lo Chateau appartiene alla “Ville de Montréal” e lo Studio alla suddetta Société che ha con la “Ville” un accordo di gestione del Museo.

A quel punto avevo diversi progetti per valorizzare lo Studio Nincheri e per fare in modo che fosse sempre aperto al pubblico. Attualmente, infatti, può essere visitato solo su prenotazione da un gruppo di almeno 5 persone. Uno di questi era di allestire allo Château una grande mostra, nel quadro delle celebrazioni per i 375 anni della “Ville de Montréal”, dal titolo: “Artisti e artigiani, la presenza italiana a Montreal”, che avrebbe dovuto essere inaugurata il 24 giugno scorso. Ma il progetto non è andato in porto. Qualcuno alla “Ville” non era troppo d’accordo con il fatto di mettere in valore lo Studio Nincheri, preferivano concentrare energie e risorse per lo Château. E poiché io sono stato uno dei principali fautori di questo “matrimonio” il mio posto di direttore del Museo è saltato all’inizio di questo anno. Non ho mai sentito da parte della  “Ville” – conclude l’ex direttore – un vero interesse per l’eredità di Guido Nincheri, cosa molto ironica in quanto nel 1992 l’artista toscano fu nominato, a titolo postumo, “Grand bâtisseur de Montréal” e più recentemente si è cercato anche di cancellare il suo nome da un parco. Tutto ciò è un controsenso se pensiamo che altrove, come è accaduto a Baie Comeau, i residenti hanno formato una “Société” per contibuire alla salvaguardie delle opere, ben 1550 mq di affreschi, che Nincheri ha realizzano nella chiesa di Ste-Amélie!».

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