Incontro con l’attrice e cantante Daniela Fiorentino
«Cantare e recitare – afferma Daniela Fiorentino – sono sempre state delle passioni innate, anche perché, dalla parte di mio padre, vengo da una famiglia di artisti. Poi, visto che sono una gran curiosa di natura, mi piace molto viaggiare, conoscere e parlare le lingue straniere».
Non è un caso, quindi, che Daniela Fiorentino, artista a “tutto tondo”, napoletana di nascita, sia approdata a Montréal, città in cui il multiculturalismo e la multidisciplinarietà sono di casa!
«Ho studiato canto e recitazione fin da piccola. Poi – racconta Daniela – proprio per “coniugare” le mie due passioni, ho preso una laurea in Scienze politiche internazionali e una in Lingue, con specializzazione in arte e spettacolo. A quel punto ho deciso di intraprendere seriamente la carriera artistica per la quale mi sentivo portata. La prima grande occasione si è presentata, all’inizio degli anni 2000, con la partecipazione al musical “C’era una volta … Scugnizzi” di Claudio Martone.
Da lì – continua – sono nate tante altre opportunità e proposte di lavoro interessanti che hanno avuto sempre come sfondo Napoli e la napoletanità.Una di queste è stata la partecipazione al film-documentario “Passione”, del regista americano John Turturro, dedicato a Napoli e alla canzone napoletana, un’occasione che mi ha aperto la strada delle collaborazioni internazionali».
“Zia Edith” e la “French girl”
«Le mie scelte artistiche sono state condizionate dalla napoletanità e dall’internazionalità. Per anni – prosegue – ho portato Edith Piaf a teatro in Italia ripercorrendo la sua vita, studiandola fin nei minimi dettagli sul posto, a Parigi, al punto che ho finito per percepirla come una persona di famiglia, una specie di “zia!”. Inoltre, la lingua francese l’ho sempre trovata elegante, musicale, così come il napoletano, le ho sempre abbinate, anche in maniera inconsapevole. Del resto, il napoletano, a causa delle varie dominazioni, è pieno di parole francesi. Ho sempre amato la Piaf e spesso mi sono identificata in lei, la considero un modello di ispirazione per le sue qualità artistiche, la sua passione, la determinazione, per la sua verve artistica».
A “causa” della Piaf il versante francese si è aperto sempre di più fino ad arrivare al progetto “French girl”, un disco di classici della canzone napoletana interpretate da Daniela in francese. “Marechiaro” diventa “Ici la mer est claire” e “Catarì”, tanto per fare qualche esempio, diventa “Le mois de mars”.
«All’inizio – afferma l’artista – le canzoni sembrano diverse, quasi non si riconoscono. Poi però, il connubio tra la lingua francese, l’anima napoletana e la maniera in cui sono state adattate e arrangiate, hanno dato al progetto un sapore e un colore innovativo.
Il disco è stato presentato, e apprezzato, in anteprima alla fine del 2016 alla Tohu di Montréal, in occasione del festival multiculturale “Nulle p’art ailleurs”. L’ho presentato anche a Napoli e Roma e ho girato un video qui a Montréal, diretto da Roberto Zorfini, che porta il titolo di una delle canzoni dell’album, “Serenade par dépit” (Serenata napoletana). Il mio obiettivo – aggiunge – è di proporlo, per i festival, in versione grande orchestra». Nel frattempo, Daniela ha dato, il 20 marzo, un “assaggio” della sua “French girl” all’Istituto Italiano di Cultura di Montréal.
In attesa di “assaggi” più consistenti, la cantante ha deciso di vivere fino in fondo la sua avventura montrealese.
«Sono venuta a Montréal per la prima volta nel 2015. Mi piaceva questo lato del mondo! Avevo già frequentato New York poi, data la mia curiosità, mi sono detta: andiamo un po’ più su, dove c’è un vero mosaico culturale. Non avevo conoscenze o contatti particolari, mi sono data da fare e, grazie anche al progetto “French girl”, sono nate altre collaborazioni e nuove possibilità. Così dopo aver fatto avanti e indietro mi sono stabilita a Montréal nell’estate del 2017 con l’intenzione di portare la mia Napoli … ovunque!»
Il “Principe della risata” e la napoletanità
Se c’è un artista che incarna tutto lo spirito di Napoli questi è senza dubbio Totò!
Ed è proprio a lui che Daniela Fiorentino, insieme a Patrizio Rispo, attore napoletano protagonista della celebre serie televisiva “Un posto al sole”, dedicherà lo spettacolo musicale, da lei stessa ideato, “Il Principe, omaggio a Totò”, in programma venerdì 13 aprile (ore 20), al Centro Leonardo da Vinci (per informazioni e biglietti: 514-771-5222 o www.cldv.ca).
«Totò – afferma l’attrice – è la nostra icona. Ha creato una filosofia di vita, dei modi di dire, degli slogan, ha arricchito la lingua napoletana al punto che noi oggi, nel linguaggio corrente, utilizziamo tante sue espressioni.
Decidere di fare un omaggio a Totò, insieme al mio amico Patrizio, è stata una cosa naturale. Forse non tutti sanno che è stato anche un grande poeta e compositore. Lo spettacolo cercherà di mettere in luce tutti questi suoi aspetti. È la prima volta che lo presentiamo in Nordamerica. Un’altra bella occasione per parlare della creatività di Napoli».
Cos’è per te la napoletanità?
«È un tatuaggio, un qualcosa che non ci si toglie di dosso, è la nostra visione del mondo, il nostro filtro con cui guardiamo la realtà. Ti si imprime dentro e resta con te anche se sei lontano da Napoli. Non è una città come tante, ha un’energia particolare, è un teatro a cielo aperto. Mi manca tanto e per questo ho deciso di esorcizzare la sua mancanza raccontandola e approfondendola».
Le cose più bella di Napoli?
«Il suo mare che ti accoglie, ti avvolge, ti inebria e ti entra dentro, e il dono della sintesi di certe espressioni e concetti che rendono la vita più divertente».
La cosa più brutta?
«Napoli non è una città che nella sua quotidianità si lascia vivere agevolmente. Purtroppo esiste una “manica di fetenti” che rovina la solarità di questa città!».
Ci regali qualche espressione napoletana?
«Certamente! Eccone alcune:”‘O purpo se coce int’ a l’acqua soja” ovvero “Il polpo cuoce nella sua propria acqua” che, in sostanza, vuole dire che ogni cosa va fatta secondo le giuste regole!
Oppure: “Magnatella ‘na risata” ovvero “Potresti anche farlo un sorriso!” Si racconta che Maria Teresa d’Asburgo-Teschen, seconda moglie di re Ferdinando II di Borbone, soprannominata la Regina che non sorride mai, cedendo alle insistenze del marito buontempone, accondiscese ad assaggiare una fetta di pastiera e non poté far a meno di sorridere!
E concluderei con: “Fridd’ ‘e chiammata” ovvero “Freddo di chiamata” che sta ad indicare un tipo poco sveglio, poco reattivo agli stimoli».