Arte e spettacolo
16:21pm19 Febbraio 2019 | mise à jour le: 19 Febbraio 2019 à 16:21pmReading time: 4 minutes

Tre ritratti di italo-montrealesi di ieri e di oggi

Tre ritratti di italo-montrealesi di ieri e di oggi
Photo: Foto cortesia G. PrincigalliIl poster de "Il tempo di un caffè" di R. Zorfini

Venerdì 1 marzo, alle ore 17, nel quadro dei “Rendez-Vous du Cinéma Québécois”, verranno proiettati, presso la Cinémathèque québécoise, tre cortometraggi di Paul Tana, Giovanni Princigalli e Roberto Zorfini che hanno in comune il mondo dell’emigrazione, quella di ieri e quella dei nuovi e più recenti arrivi.

Il primo documentario (28 minuti) si intitola “Il fico/Le figuier” ed è firmato da Paul Tana, regista, sceneggiatore e attore italo-montrelaese, nato ad Ancona nel 1947, giunto a Montréal con la famiglia nel 1958. Attualmente insegna alla Scuola dei Media dell’UQAM. Tra i suoi film ricordiamo “Les Grand enfants” (1980), “Caffè Italia” (1985), “La Sarrasine” (1992) e “La Déroute” (1998). Il fico, albero coltivato nel Mediterraneo, approda a Montréal grazie agli Italiani, che generosamente ne preservano la vitalità. Alle prime avvisaglie dell’inverno lo seppelliscono facendolo “risorgere” ogni anno con l’arrivo della bella stagione.

Il secondo documentario (25 minuti) “Giorni migliori/Jours meilleurs”, è di Giovanni Princigalli e narra tre storie di giovani emigranti italiani a Montréal: Barbara, che vive con il palestinese Ihab; Luca, un ricercatore di talento che vive con il suo compagno Marco e di Claudia e Publio che hanno tre figli e una pizzeria. Princigalli, laureatosi in Scienze Politiche in Italia e in Cinema all’Université de Montréal, si è formato come regista di documentari a Parigi e in Italia. Ricercatore storico e sociale, ha realizzato diversi documentari proiettati e premiati in numerosi festival in tutto il mondo.

Il terzo documentario-fiction (15 minuti) “Il tempo di un caffè/ Le temps d’un café” è firmato da Roberto Zorfini. Cinque italiani si trovano nelle loro case e, parlando con un amico, preparano un caffè che diventa l’occasione per raccontare la propria esperienza d’immigrazione in Canada. Zorfini è un regista italiano trasferitosi a Montréal nel 2010. Ha più di 20 anni d’esperienza nell’ambito dei progetti video ed ha lavorato per quasi un decennio con la RAI. In Canada ha realizzato spot pubblicitari per diverse aziende.

«In comune – spiega Giovanni Princigalli – c’è il tema dell’emigrazione. Ma quella raccontata da Paul è un’emigrazione più “antica”, se così possiamo definirla, con le sue abitudini e i suoi rituali. Quello di Zorfini è una via di mezzo tra il documentario e un corto di finzione, e parla dei giovani migranti italiani stabilitisi recentemente a Montréal. Io, invece, racconto tre storie di italiani fra i 30 e i 40 anni, che vivono situazioni differenti e che sono emigrati per ragioni diverse, chi per scelta economica, come i ricercatori che si chiedono quale futuro può esserci per loro in Italia o come quella di Barbara che è più di carattere esistenziale e familiare.

Tutti e tre i documentari – conclude il regista d’origine pugliese – sono stati coprodotti dalla Scuola dei Media dell’UQAM, i cui studenti hanno lavorato alla realizzazione, e nascono dal progetto “Caffè Italia” ideato dal direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal Francesco D’Arelli e dallo stesso Paul Tana».

Un progetto che profuma di caffè

«L’idea è nata – spiega Francesco D’Arelli, direttore dell’Istituto Italiano di Cultura di Montréal – nel 2017 vedendo il film “Caffè Italia” di Paul Tana. Ho detto a Paul: “Dovremmo farne una seconda parte raccontando anche l’emigrazione più recente”.
Così gli ho chiesto il permesso di chiamare questo progetto proprio con lo stesso nome del suo film, con il “caffè” ancora protagonista, inteso sia come spazio dove potersi incontrare, scambiare opinioni e raccontarsi, che come bevanda di origine non italiana sapientemente trasformata in bevanda caratteristica e rappresentativa degli italiani.
I documentari di Princigalli e Zorfini sono stati realizzati proprio grazie al contributo dell’Istituto Italiano di Cultura, con la collaborazione, così come il terzo documentario firmato da Paul Tana, della Scuola dei Media dell’Uqam».

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