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15:56pm9 Settembre 2020 | mise à jour le: 9 Settembre 2020 à 15:56pmReading time: 8 minutes

Referendum costituzionale 2020: le posizioni delle elette nelle circoscrizione Nord e Centro America

L’appello al “NO” della Senatrice Francesca Alderisi

(NoveColonneATG) Roma – In coincidenza con l’arrivo dei plichi elettorali agli italiani residenti all’estero per il voto referendario sul taglio dei parlamentari, la Senatrice Francesca Alderisi (FI), eletta in Nord e Centro America, ha voluto ribadire il suo appello al NO alla modifica costituzionale.

La Senatrice Francesca Alderisi

Alderisi, tra i firmatari che hanno richiesto il referendum sulla riforma del numero dei senatori (da 315 a 200) e dei deputati (da 630 a 400), in coerenza con il suo voto in Senato ha rimarcato le ragioni della sua posizione. L’eletta all’estero ha tenuto ad evidenziare di non essere ostile alla riduzione dei parlamentari, quanto piuttosto a «un taglio lineare e al di fuori di qualsiasi disegno istituzionale che non sfiora in alcun modo i temi dell’efficienza del Parlamento, dell’autorevolezza della classe politica e del prestigio delle istituzioni che tuttavia si ha l’illusione di sanare con questa riforma». Secondo la Senatrice, la modifica costituzionale «muove invece in direzione opposta, si limita a eliminare un terzo della rappresentanza parlamentare senza gli adeguati bilanciamenti, poggiando su basi culturali che vedono le istituzioni democratiche come molesti e superflui orpelli».

Ricadute sui connazionali all’estero

«Il messaggio che viene ingannevolmente diffuso – sostiene Alderisi – è che meno sono i parlamentari, migliore è il funzionamento delle Camere». La Senatrice ha poi fatto notare che «l’illusione del taglio di senatori e deputati come di panacea ai mali del nostro Paese avrà ricadute tanto sui nostri connazionali all’estero, già oggi ampiamente sottorappresentati, quanto sui territori meno popolosi della Penisola rendendoli orfani di parlamentari a cui far pervenire le proprie richieste e condannandoli a uno scarso peso sui processi decisionali».

La pandemia

L’eletta all’estero ha infine osservato come la campagna d’informazione sulle ragioni del Sì e del No sia segnata, in modo particolare nella Circoscrizione Estero, dalle manifeste criticità causate dalla pandemia da Coronavirus. Criticità che, a detta della Senatrice, insieme all’accorpamento del voto referendario con quello per le elezioni regionali e comunali, «hanno impedito e impediscono un’adeguata informazione sulle ripercussioni della riforma ed espongono a seri pericoli soprattutto i nostri connazionali che vivono in aree ad alto rischio contagio da Covid-19».

On. Fucsia Nissoli (FI): le mie ragioni per votare “NO”

Ormai, i plichi elettorali sono già arrivati o stanno arrivando nelle nostre case all’estero per permettere anche a noi di esprimere il nostro voto per corrispondenza al referendum sulla riforma istituzionale del 20 e 21 settembre prossimo.

L’On. Fucsia Nissoli

Si tratta del quarto referendum costituzionale della storia repubblicana, per confermare o meno il taglio di 345 parlamentari tra Camera e Senato. Saremo tagliati anche noi eletti all’estero anche se siamo già una rappresentanza simbolica e non proporzionale al numero di elettori come sul territorio nazionale, anzi la popolazione residente all’estero è aumentata lasciando invariato il numero degli eletti.

Per questa ragione io avevo proposto, in sede di esame parlamentare della riforma, di stralciare la Circoscrizione Estera ed avviare una riflessione per una riforma organica della rappresentanza degli italiani all’estero. Ma il governo non ha voluto ascoltare e quindi lo stralcio non c’è stato ed ora ci troviamo a votare se vogliamo ridurre al lumicino la rappresentanza parlamentare degli italiani all’estero! Ovviamente la mia scelta sarà NO!

 Riduzione da 18 a 12

NO, prima di tutto, perché non è giusto trattare circa sei milioni di italiani all’estero, come se fossero una grande ragione italiana, come un accessorio del sistema democratico nazionale senza dar loro il peso democratico che meritano.

Con la riforma gli eletti all’estero passerebbero complessivamente dagli attuali 18 a 12 (otto deputati e quattro senatori). In questo modo, si avrebbe uno squilibrio ancora più forte nella rappresentanza dei cittadini residenti all’estero rispetto a quelli residenti in Italia tanto che un deputato eletto in Italia rappresenterebbe 150.000 abitanti, uno eletto all’estero 700.000 iscritti AIRE; un senatore eletto in Italia circa 300.000 abitanti, uno eletto all’estero oltre 1 milione e 400 mila iscritti AIRE. Una disparità che andrebbe a ledere gravemente il principio di uguaglianza tra i cittadini sancito dall’articolo 3 della Costituzione.

 Un risparmio poco rilevante

NO, perché la riduzione dei parlamentari lascia la situazione istituzionale come prima lasciando invariato il bicameralismo senza alcuna semplificazione nella procedura di approvazione delle leggi tra Camera e Senato.

NO, perché il grande risparmio ipotizzato poi non è così rilevante a fronte di una concentrazione del potere nella mani di poche persone.

Voterò NO e chiedo ai connazionali di fare altrettanto soprattutto perché questa riforma non tiene in debito conto i cittadini italiani residenti all’estero e le problematiche connesse al rapporto eletti/elettori che sarà di ancora più difficile gestione in territori vasti come un continente e che in caso di vittoria del SI dovranno per forza di cose, o meglio dei numeri, accordarsi nonostante la forte disomogeneità. Per me non è una riforma ma un taglio della rappresentanza che colpisce di più la Circoscrizione Estera!

 

 

On. Francesca La Marca (Pd): il mio “NO” contro una riforma sbagliata e penalizzante per gli italiani all’estero

 

Fin dal momento in cui Lega e 5Stelle, uniti nel governo gialloverde naufragato a poco più di un anno dalla nascita, hanno avviato questa avventata riforma ho manifestato, alla Camera e pubblicamente, la mia contrarietà. Il mio voto, dunque, sarà NO, senza se e senza ma.

L’On. Francesca La Marca

Per quanto la si voglia condire di buone ragioni, questa legge che si limita a ridurre con un colpo di forbici il numero dei parlamentari è figlia del qualunquismo e del populismo di forze che pur di lucrare un vantaggio elettorale hanno alimentato e raccolto il disagio sociale in un momento difficile della vita nazionale e lo hanno orientato contro la classe dirigente e il massimo organo della democrazia: il Parlamento. Un gioco pesante e pericoloso, tenendo conto che quella italiana è una democrazia parlamentare.

Voglio chiarire che personalmente non sono contraria a prendere in considerazione una riduzione del numero dei parlamentari. Non con una semplice sforbiciata, però, ma riorganizzando il funzionamento delle due Camere, specializzandone le funzioni, dando maggiore voce alle autonomie ed evitando che i territori e le forze minori siano penalizzati. Il che, se avvenisse, in una democrazia rappresentativa non sarebbe un buon sintomo.

Che coerenza ci sarebbe, poi, nell’avere bloccato con il referendum del 2016 quella riforma costituzionale che era organica e prevedeva una riorganizzazione del sistema e dare invece via libera a questa che si limita a giocare con i numeri? Perché, poi? Per un risparmio di una tazzina di caffè all’anno per ogni cittadino italiano?

Tra l’altro, nei patti del nuovo governo c’era l’impegno a riequilibrare questa riforma con una legge elettorale capace di ridare voce alle minoranze e ai territori marginali; resistenze e rinvii l’hanno finora impedito. Nessuna remora, dunque, a respingere la riforma, in una coalizione non si può solo avere.

 Squilibrio

Per quanto riguarda noi italiani all’estero, poi, questa legge ci colpisce in pieno. Se diventasse definitiva e, di conseguenza, il numero dei parlamentari eletti nella circoscrizione Estero si riducesse da 18 a 12, si aggraverebbe pesantemente lo squilibrio di rappresentanza a nostro danno. Per eleggere un parlamentare all’estero ci vorrebbe un numero di elettori iscritti all’AIRE tre o quattro volte superiore al numero dei cittadini che in Italia potrebbero eleggere un parlamentare. In parole povere, sarebbe il riconoscimento di fatto di una cittadinanza di serie A e una cittadinanza di serie B: quanto di più contrario si possa immaginare con lo spirito della Costituzione, fondato sull’uguaglianza dei cittadini e dei loro diritti. Bel ringraziamento per quei cittadini che anche da lontano non hanno mai smesso di aiutare, direttamente e indirettamente, il loro Paese.

Infine, noi residenti nella ripartizione Nord e Centro America abbiamo una ragione in più per essere contrari. Perderemmo quasi certamente uno dei due eletti attualmente alla Camera e, poiché resterebbero 4 senatori per tutto il mondo, le ripartizioni con un gran numero di iscritti all’AIRE, come l’Europa e il Sud America, richiederebbero una distribuzione dei quattro senatori in proporzione degli elettori, con la conseguenza che non solo perderemmo il nostro rappresentante ma anche l’autonomia della nostra ripartizione. Qualcuno, di grazia, può spiegare come un solo eletto superstite alla Camera può coprire le esigenze di un intero continente e avere anche solo un minimo di contatti con l’elettorato?

Il NO, dunque, è nello stesso tempo un atto di razionalità democratica, di fedeltà alla Costituzione, di rifiuto di un’ingiustizia a carico di una parte crescente di cittadini, di autotutela per noi che viviamo in Nord e Centro America.

Voterò NO, dunque, in piena coscienza e invito a votare NO con altrettanta convinzione e serenità.

 

 

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