Arte e spettacolo
18:51pm4 Giugno 2019 | mise à jour le: 4 Giugno 2019 à 18:51pmReading time: 4 minutes

L’arte e gli eroi nell’ombra

L’arte e gli eroi nell’ombra

ICFF: intervista a Massimo Martella, regista del film “Nel nome di Antea”

 

Tra i film-documentari in programma all’ICFF (14-21 giugno) spicca per la sua tematica particolare “Nel nome di Antea” che Massimo Martella, regista di origini pugliesi, ha dedicato ad un momento poco conosciuto della nostra storia ma di importanza vitale per la salvaguardia del patrimonio storico artistico italiano.

Mentre l’Europa viene messa a ferro e fuoco dalla Seconda Guerra mondiale due funzionari delle Belle Arti rischiano la vita pur di mettere al riparo dalla furia nazista innumerevoli opere d’arte.

 

Come è nata l’idea di fare questo documentario?

«Quella raccontata – spiega il regista – è una vicenda dimenticata per decenni, riemersa recentemente grazie ad alcuni studi universitari e sulla scia dell’interesse e della curiosità suscitata da un libro pubblicato negli Stati Uniti che è all’origine del film di George Clooney “Monuments Men” solo che, in questo caso, i protagonisti sono tutti italiani e sono persone che potremmo definire “eroi per caso”, ovvero persone che avevano sempre vissuto la loro vita tranquilla tra le opere d’arte e i libri e che improvvisamente si son dovuti trasformare, loro malgrado, in eroi.

I narratori di questa storia sono due “ciceroni” d’eccellenza, due dipinti, il “Ritratto di giovane donna, detto Antea”, dipinto dal Parmigianino nel ‘500, conservato al Museo di Capodimonte a Napoli, e il “Ritratto di Alessandro Manzoni”, dipinto da Francesco Hayez a metà dell’800 che si trova alla Pinacoteca di Brera a Milano.

Ho scelto queste due opere perché sono tra quelle che hanno viaggiato di più scappando, fuggendo, di rifugio in rifugio, in quei cinque anni in cui c’è stata la guerra. “Antea” finì in Germania, trafugata dai tedeschi. Fu poi ritrovata alla fine della guerra, in una miniera di sale in Austria, insieme a moltissime altre opere provenienti da tutta Europa un po’ danneggiate ma fortunatamente “salve”, così come la stragrande maggioranza delle opere italiane».

 

Quante opere furono spostate e messe al riparo?

«Tutti i capolavori; tutti quelli che si potevano spostare perché, naturalmente, non è possibile spostare gli affreschi; infatti, le perdite maggiori si sono avute proprio tra questo tipo di pitture. Nel documentario, ad esempio, si racconta la storia amara e paradossale del ciclo degli affreschi che il Mantegna ha dipinto nella chiesa degli Eremitani a Padova. La chiesa venne bombardata perché si trovava a fianco ad una caserma. I sovrintendenti provarono in tutti i modi a far spostare la caserma ma non ci riuscirono.

Moltissimi dipinti, dunque, soprattutto quelli dei musei più prestigiosi, furono portati in luoghi come conventi, castelli, ville o case private, fuori delle città perché si pensava che nelle campagne fossero più al riparo. I funzionari italiani si sono veramente inventati di tutto pur di riuscire a mettere in salvo le opere. Tra l’altro lavoravano scollegati tra loro perché le comunicazioni non erano certo come quelle di oggi e dovevano prendere decisioni importanti in maniera del tutto autonoma, senza disponibilità economiche anche perché non c’erano più finanziamenti da parte del potere centrale.

Tanto per dirne una, Pasquale Rotondi, uno di questi “funzionari-eroi” aveva nascosto in due rifugi nelle Marche tantissimi capolavori del Nord Italia. Ma essendo stato, uno dei due rifugi, individuato dalle SS tedesche, prese i quadri più piccoli e se li portò a casa e li mise sotto al letto. Per cui dormì con “La Tempesta” di Giorgione finché non ritenne di poterli portare ad Urbino e di murarli all’interno del Palazzo Ducale.

Di storie come questa – aggiunge Martella – se ne potrebbero raccontare diverse. È stato veramente un viaggio particolare nella bellezza che ho cercato di raccontare anche con toni più leggeri per poter far capire, soprattutto alle nuove generazioni, l’importanza di un patrimonio come il nostro unico al mondo e degli enormi sforzi fatti da un gruppo di persone che non hanno esitato un momento a rischiare la loro vita pur di proteggerlo».

 

Info-film e festival

“Nel nome di Antea” sarà proiettato giovedì 20 giugno, alle ore 21:00 alla Cinémathèque Québécoise (335 boul. De Maisonneuve)

Per l’intera programmazione:

https://icff.ca/2019-cities-2

https://icff.ca/montreal

 

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