Il figlio Piero: «Papà saarebbe contento di vedere giovani così appassionati»
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Ansa – Più che un costruttore di macchine, un visionario e un vero rivoluzionario. Che ha fatto nascere, in mezzo alla campagna emiliana, un mito conosciuto in tutto il mondo, ma anche un metodo diventato parte del dna di questa terra: lavorare per realizzare i sogni, sognare per poter lavorare meglio. Sono passati trent’anni da quando, il 14 agosto 1988, all’età di 90 anni, morì Enzo Ferrari, l’uomo che ha inventato le rosse di Maranello e ha fatto innamorare il mondo.
A distanza di tre decenni lo spirito del suo fondatore, la voglia di guardare sempre al futuro e di pensare sempre a come migliorarsi è rimasta dentro la Ferrari.
“A trent’anni dalla scomparsa di mio padre – ha detto il figlio Piero – sono orgoglioso di vedere quanto affetto c’è ancora nei suoi confronti e sono sicuro che sarebbe particolarmente contento di vedere tanti giovani che lo ricordano e seguono con passione la Ferrari. Quella di oggi è una Ferrari sicuramente diversa, ma che a lui sarebbe piaciuta perché ha gli stessi valori e guarda, come sempre ha fatto lui, al futuro”.
Pilota dell’Alfa Romeo che ricevette dalla madre di Francesco Baracca il simbolo del Cavallino rampante, nel dopoguerra Enzo Ferrari trasformò la sua scuderia di corse in una fabbrica di automobili da sogno. Il suo spirito è ancora lì, come ricorda uno degli ultimi arrivati, ovvero il pilota Sebastian Vettel.
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“Io – ha detto – sono nato nel 1987, solo un anno prima della morte di Ferrari, per cui naturalmente non ho mai potuto conoscerlo di persona, e oggi posso solo immaginare come sarebbe stato il nostro incontro. Ma so che avrei davvero voluto conoscerlo, perché secondo me era una persona speciale, un uomo con una visione: e questa visione è ancora presente oggi nell’azienda e nella Scuderia che lui ha fondato”.
Chi invece lo ha conosciuto e per anni ne è stato uno strettissimo collaboratore è Luca di Montezemolo. “E’ stato un uomo geniale – ricorda – coraggioso, determinato, sempre abile a stimolare i propri uomini, a motivarli e a guardare avanti. Mai indietro, sempre al domani soprattutto nei momenti difficili. Da lui ho imparato molto, a lui devo molto. Un vero italiano attaccato alla sua terra, un uomo straordinario di grandissima intuizione e che ha sempre amato la sua azienda e il suo lavoro”.
Modena, che da qualche anno ha trasformato la sua casa natale in un museo e in uno spazio espositivo per celebrare il mito dei motori, lo ricorda con un cesto di fiori con la scritta ‘Città di Modena’ sulla sua tomba al cimitero di San Cataldo dove è sepolto.