Motori
20:01pm28 Ottobre 2011 | mise à jour le: 28 Ottobre 2011 à 20:01pmReading time: 6 minutes

Super Sic e e la morte che diventa mito

Ansa/Roma – Antesignano di un certo modo di vivere e di morire fu, in tempi moderni, James Dean, l’eroe di ‘Gioventu’ bruciatà, schiantatosi al volante della sua Porsche a soli 24 anni, nel 1955, e dopo soli tre film assurto a mito. Sette anni più tardi scompariva Marilyn Monroe: non era più giovanissima (aveva 36 anni), ma la brillante carriera di attrice, i meccanismi dello Star System e le circostanze misteriose della sua morte la trasformarono in leggenda.

Di morti premature, e conseguenti mitizzazioni o ‘beatificazioni’, è ricco il mondo del rock, complici anche gli anni ’60 e ’70, con il corollario di alcool, droghe ed eccessi. Brian Jones, leggendario chitarrista dei Rolling Stones, annegò in piscina nel luglio 1969, a soli 27 anni.

Un anno e due mesi più tardi, fu trovato morto, in un albergo londinese, Jimi Hendrix, anche lui nato nel 1942 (probabile mix di alcool e droghe). Stessa sorte, il 4 ottobre 1970, in un motel di Hollywood, per un’altra stella del rock, Janis Joplin.: aveva 27 anni e la si ricorderà tra l’altro per la sua interpretazione di ‘Summertime’. Due anni esatti dopo Jones, il 3 luglio 1971, la tragica fine di Jim Morrison, il carismatico leader dei Doors, 28 anni non ancora compiuti: morto a Parigi in circostanze analoghe, è sepolto nel cimitero Pere Lachaise. Anche Luigi Tenco, suicida in un albergo di Sanremo nel gennaio 1967, a neanche 29 anni, è entrato nella dimensione del mito. L’attore Pietro Taricone , il cantante Michael Jackson.

Forse meno del mondo dello spettacolo, anche lo sport ha comunque avuto le sue scomparse premature. Non giovanissimo (40 anni), ma sicuramente leggenda assoluta, Fausto Coppi, il campionissimo, ucciso nel gennaio 1960 da una malaria che avrebbe potuto, e dovuto, essere curata. E poi Marco Pantani, il ‘pirata’, morto tragicamente solo in un residence di Rimini nel febbraio 2004, per probabile overdose, a 34 anni. Molte, ovviamente, le tragedie nell’automobilismo,  Ayrton Senna, schiantatosi durante il Gp di San Marino, nel maggio 2004, a 34 anni. Ma forse quella che più simboleggia la scomparsa che assurge a leggenda è quella di Lady Diana, la cui vita fu stroncata in un incidente d’auto a Parigi nel 1997.

 

 “Sic sul podio più alto”. La salma cremata a Cesena

 

La mattina di venerdì 28 ottobre la salma di Marco Simoncelli è stata cremata nel cimitero di Tipano a Cesena. Con i familiari, nelle due ore di attesa per la conclusione, dell’operazione, si sono alternati anche alcuni tifosi che hanno voluto dare l’ultimo saluto al campione. Ieri dopo l’arrivo del feretro da Coriano sono stati circa 500 i cesenati che sono passati dal cimitero per un omaggio a SuperSic. Il carro funebre, seguito dall’auto con i familiari, era stato scortato da un folto gruppo di amici e appassionati. Naturalmente in moto.

Quella del circuito di Misano a Marco Simoncelli potrebbe essere una intitolazione ‘a furor di popolo’. Dopo il funerale di superSic, sul web si è scatenato un tam tam per convincere, semmai ce ne fosse bisogno, le autorità a ricordare il campione morto domenica a Sepang con l’intitolazione del circuito di Santa Monica, dove da alcuni anni si disputa una prova del Motomondiale. A trainare la richiesta, ovviamente, Facebook. Sul più usato dei social network ci sono già una decina di pagine che la avanzano. Una petizione virtuale lanciata da un fan per dedicare il circuito di Misano a Simoncelli ha raccolto, in poche ore, 130mila adesioni.

 Siamo solo noi, è vero, quelli che muoiono presto. Ma no, è maledettamente falso che poi è lo stesso. O almeno lo è per le migliaia di persone che hanno partecipato, a Coriano, al funerale di Marco Simoncelli, per i milioni che si sono commossi davanti alla tv. La musica di Vasco ha salutato per l’ultima volta Supersic, nell’ultimo commovente abbraccio alla famiglia speciale di un ragazzo speciale. Babbo Paolo a dire a tutti, ‘Forza, forza’, come se volesse essere lui, che non ha perso solo un figlio, ma anche un compagno di giochi e di sogni, a dover consolare, uno per uno, quella marea di persone che dal vivo o a distanza ha fatto sentire alla famiglia l’affetto di tutta l’Italia. Il funerale di Simoncelli sembrava pensato da lui, tanti colori, tanta musica, il ’58’ declinato in tutti modi (sui muri, sulle vetrine, nei palloncini, sulle magliette) le moto che entrano in Chiesa, tanti tanti amici. Si piange, come ovvio. Ma non bisogna dimenticarsi di sorridere. “Qui si celebra – ha sintetizzato il dottor Claudio Costa, il medico dei piloti, una figura quasi paterna per il circus – la vittoria più grande di Marco Simoncelli, perché ha trionfato sulla morte: Marco oggi diventa uno di voi. Questo è l’ultimo scherzo che vi ha fatto. Voi credete che sia qui dentro, ma Marco sta sorridendo e stasera tornerà a casa con la sua famiglia e soprattutto con tutti voi”. Il mondo del motociclismo italiano e non solo c’era tutto. C’era Andrea Dovizioso, che non ha smesso di piangere nemmeno per un secondo, c’era il veterano, impietrito, Loris Capirossi, l’amico-rivale Jorge Lorenzo e tanti altri. E c’era soprattutto il pilota con il quale Simoncelli aveva un legame speciale, quello che lo ha visto morire a pochi centimetri. Valentino Rossi ha resistito alla commozione. Mentre gli amici di Coriano portavano a mano il feretro, lui ha preso la moto del suo ‘fratellino’ e senza uscire dalla Chiesa ha girato la manopola del gas e le ha fatto cantare il suo ultimo pianto, la sua ultima preghiera. Si è fatta forza Kate, la fidanzata, che ha seguito il funerale insieme alla famiglia. E mentre mezza Italia piangeva con lei, mentre 58 milioni di abbracci si stringevano attorno a Paolo, alla mamma Rossella e alla sorellina Martina, ha preso la parola e ha lasciato il suo ricordo: “Lui aveva solo pregi, era una persona perfetta. E le persone troppo perfette non possono vivere con noi comuni mortali”. E’ stato vastissimo il cordoglio che si è stretto attorno alla famiglia Simoncelli. Dopo il bagno di folla della camera ardente (ventimila, ieri) c’erano migliaia di persone a salutare superSic. Difficile, se non impossibile, quantificarle in un tranquillo paese di collina, dove di solito la pace è rotta solo dal rombo degli scooter truccati e che non è certo abituato ai riflettori.

Al vescovo di Rimini Francesco Lambiasi l’idea che lui stia insegnando ad impennare agli angeli, come stava scritto su uno striscione comparso gia domenica davanti alla chiesa, non è dispiaciuta. “La sera prima dell’ultima gara – le parole del vescovo durante la Messa – hai detto che desideravi vincere il Gran Premio, perché lì sul podio ti avrebbero visto meglio tutti. A noi ora addolora non riuscire a vederti, ma ci dà pace e tanta gioia la speranza di saperci inquadrati da te dal podio più alto che ci sia”. Senza prendersi troppo sul serio, ovviamente, nemmeno lì.

More Like This