Dai fritterllari romani alla “serpula” latina, al “Zi Paolo” napoletano
Fra le tradizioni culinarie più amate in Italia ci sono i dolci per la festa di San Giuseppe, la festa del papà del 19 marzo (festa che in Canada, invece, si celebra a giugno): i bignè fritti nel Lazio, le zeppole napoletane e in altre regioni meridionali, le raviole a Bologna, le Sfincie in Sicilia.
Tante varianti, nel ripieno che classicamente è crema pasticcera ma può essere anche ricotta, fritte o nella versione light al forno, forme diverse ma origine simile.
Per le zeppole, diventato il simbolo goloso della festa del papà, la realizzazione è a base di pasta choux di forma circolare con un foro centrale che viene farcito di crema pasticcera e guarnito con amarene sciroppate. Il bignè di San Giuseppe, popolare a Roma, è a base della stessa pasta, riempito di crema ma chiuso e senza frutta.
“San Giuseppe frittellaro”
Due le teorie più accreditate. La prima risale direttamente alla storia della Sacra Famiglia. San Giuseppe, infatti, per mantenere Maria e Gesù dopo la fuga in Egitto, iniziò a cimentarsi come friggitore ambulante oltre che falegname! Non a caso, a Roma, San Giuseppe è apostrofato in modo simpatico come Er Frittellaro, da una poesia degli anni 50 scritta da Checco Durante, che inizia proprio così: “San Giuseppe frittellaro tanto bbono e ttanto caro (…)”.
Una seconda ipotesi fa risalire le zeppole alla storia romana e ad origini pagane. Il 17 marzo, infatti, si celebravano i Liberalia, in cui i ragazzi diventavano adulti e, in omaggio a Bacco e Sileno, scorrevano fiumi di vino e ambrosia, accompagnati da frittelle di frumento cotte nello strutto bollente, antenate delle “nostre” zeppole.
Quando nel 1968 si istituì la festa del papà due giorni dopo il 17 marzo, nel giorno dedicato a San Giuseppe, le discendenti delle antiche frittelle romane divennero il dolce ufficiale di questa celebrazione.
Le zeppole
Sull’origine della parola ‘zeppola’ non ci sono fonti certe: potrebbe derivare dal latino serpula(m), ossia serpe, a giustificare la forma arrotondata su se stessa, oppure dal termine ceppo, trasformatosi poi in zeppa, che indicava il pezzetto di legno utilizzato dietro o sotto i mobili quando traballano. Un’altra fonte accreditata riporta le origini del nome sulle strade di Napoli: zeppola deriverebbe da ‘zì Paolo’, nome del friggitore napoletano presunto inventore di questo dolce.
Nascita della ricetta
La prima ricetta di questo dolce si trova nel Trattato di cucina teorico-pratico del 1837 ad opera del cuoco e intellettuale Ippolito Cavalcanti. Nel manuale, il duca di Buonvicino prescrive, in rigorosa lingua napoletana, gli ingredienti (farina, acqua, liquore, marsala, sale, zucchero e olio) per friggere questa pasta particolare che aveva provenienza tutt’altro che nobile.
A Napoli erano infatti i friggitori di strada che, il 19 marzo, allestivano banchetti all’esterno delle loro botteghe e vendevano ai passanti le zeppole appena fritte, come nel più moderno street food. Quanto alla forma, furono le suore del Convento di San Gregorio Armeno a Napoli a conferire alla pasta la caratteristica forma rotonda. L’origine tuttavia è ben precedente e anche Goethe nel Gran Tour, in visita nel capoluogo partenopeo alla fine del 1700 scrive: “Oggi era anche la festa di S. Giuseppe, patrono di tutti i frittaroli cioè venditori di pasta fritta…”.
In ogni caso, fritte, al forno, ripiene o con la frutta, buona festa di San Giuseppe a tutti!